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Un lungo giro tra i fedeli, ad accarezzare bambini, stringere mani, ricevere regali, benedire. Papa Leone si attarda tra le transenne di piazza San Pietro per salutare i fedeli. A loro, all’inizio della catechesi, ripete il «Benvenuti tutti» Riprende il ciclo “Gesù Cristo nostra speranza” incentrando la meditazione sul tema della Resurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. Parte dalla citazione di Matteo, «Ecco, io sono voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo», per dire che questo mistero pasquale «costituisce il cardine della vita del cristiano, attorno a cui ruotano tutti gli altri eventi».
Nella nostra quotidianità sperimentiamo «tante esperienze diverse: dolore, sofferenza, tristezza, intrecciate con gioia, stupore, serenità. Ma attraverso ogni situazione il cuore umano brama la pienezza, una felicità profonda». Riprende le parole di Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, per dire che «l’essere umano anela sempre ad avere di nuovo in dono l’essere, per poter attingere ciò che l’attimo gli dà e al tempo stesso gli toglie».
Noi siamo «immersi nel limite, ma siamo anche protesi a superarlo. L’annuncio pasquale è la notizia più bella, gioiosa e sconvolgente che sia mai risuonata nel corso della storia. Essa è il “Vangelo” per eccellenza, che attesta la vittoria dell’amore sul peccato e della vita sulla morte, e per questo è l’unica in grado di saziare la domanda di senso che inquieta la nostra mente e il nostro cuore».
Il Pontefice ricorda che «l’essere umano è animato da un movimento interiore, proteso verso un oltre che costantemente lo attrae. Nessuna realtà contingente lo soddisfa. Tendiamo all’infinito e all’eterno. Ciò contrasta con l’esperienza della morte, anticipata dalle sofferenze, dalle perdite, dai fallimenti. Dalla morte “nullu homo vivente po skampare”, canta San Francesco».
Ma «tutto cambia grazie a quel mattino in cui le donne, recatesi al sepolcro per ungere il corpo del Signore, lo trovarono vuoto». Da quel mattino in cui il misterioso giovane vestito di bianco che parla alle donne nell’alba pasquale dice: «Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. Non è qui. È risuscitato», tutto cambia. E da allora «fino a oggi, ogni giorno, Gesù avrà anche questo titolo: il Vivente, come Lui stesso si presenta nell’Apocalisse: “Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre”. E in Lui noi abbiamo la sicurezza di poter trovare sempre la stella polare verso cui indirizzare la nostra vita di apparente caos, segnata da fatti che spesso ci appaiono confusi, inaccettabili, incomprensibili: il male, nelle sue molteplici sfaccettature, la sofferenza, la morte, eventi che riguardano tutti e ciascuno. Meditando il mistero della Risurrezione, troviamo risposta alla nostra sete di significato».
«Davanti alla nostra umanità fragile», sottolinea ancora il Pontefice, «l’annuncio pasquale si fa cura e guarigione, alimenta la speranza di fronte alle sfide spaventose che la vita ci mette davanti ogni giorno a livello personale e planetario. Nella prospettiva della Pasqua, la Via Crucis si trasfigura in Via Lucis. Abbiamo bisogno di assaporare e meditare la gioia dopo il dolore, di ri-attraversare nella nuova luce tutte le tappe che hanno preceduto la Risurrezione. La Pasqua non elimina la croce, ma la vince nel duello prodigioso che ha cambiato la storia umana. Anche il nostro tempo, segnato da tante croci, invoca l’alba della speranza pasquale. La Risurrezione di Cristo non è un’idea, una teoria, ma l’Avvenimento che sta a fondamento della fede». Il Pontefice insiste sulla «speranza pasquale che non delude» anche là dove «la storia umana non vede luce all’orizzonte». Ma «credere veramente nella Pasqua attraverso il cammino quotidiano significa rivoluzionare la nostra vita, essere trasformati per trasformare il mondo con la forza mite e coraggiosa della speranza cristiana».
Infine, dopo aver salutato nelle diverse lingue, il Papa chiede a tutti di unirsi a lui nella «preghiera per quanti sono provati dai conflitti armati in diverse parti del mondo; penso in particolare al Myanmar», ed esorta «la Comunità Internazionale a non dimenticare la popolazione birmana e a fornire la necessaria assistenza umanitaria».



