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È il 6 agosto, 80° anniversario del bombardamento atomico sulla città giapponese di Hiroshima e papa Leone XIV, all’udienza generale in piazza San Pietro gremita di fedeli, rivolge un accorato appello alla comunità internazionale, ricorda e prega per «tutti coloro che ne hanno subito gli effetti. Nonostante il passare degli anni, quei tragici avvenimenti costituiscono un monito universale contro la devastazione causata dalle guerre e in particolare dalle armi nucleari», sottolinea con l’auspicio «che nel mondo contemporaneo segnato da forti e sanguinosi conflitti, l'illusoria sicurezza basata sulla minaccia della reciproca distruzione ceda il passo agli strumenti della giustizia, del dialogo, alla fiducia della fraternità».
Il Papa è arrivato in piazza accolto calorosamente dai fedeli tanto che ha acconsentito a fare un secondo giro a bordo della papamobile per salutare tutti e benedire ancora bambini, bambine, salutare e impartire benedizioni mentre veniva continuamente fatto oggetto anche di lanci di rosari, bandiere, magliette sportive, bamboline.
Nella catechesi, la prima del nuovo ciclo giubilare di catechesi dedicato a “Gesù Cristo nostra speranza”, e dedicato al mistero della Passione, Morte e Risurrezione, ricorda che «Dio ci precede sempre» con il suo amore, un «amore vero», che «si dà prima ancora che venga ricambiato», ma lasciandoci liberi di rispondere al suo dono.
Il Papa si sofferma sulla preparazione dell’Ultima Cena invitando a meditare sul verbo “preparare”, che «custodisce un segreto prezioso della vita cristiana», e ricorda che, nel «primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua», i discepoli chiedono a Gesù dove organizzarla. Il Maestro dà delle indicazioni precise - “andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua” - e i discepoli trovano tutto come era stato detto loro e una sala già pronta. «È come se ogni cosa fosse stata predisposta in anticipo», fa notare il Papa, spiegando che quest’episodio evangelico. rivela che «l’amore non è frutto del caso, ma di una scelta consapevole. Non si tratta di una semplice reazione, ma di una decisione che richiede preparazione. Gesù non affronta la sua passione per fatalità, ma per fedeltà a un cammino accolto e percorso con libertà e cura. È questo che ci consola: sapere che il dono della sua vita nasce da un’intenzione profonda, non da un impulso improvviso».
La sala allestita per la Cena è il simbolo che ancor prima che ci rendiamo conto di avere bisogno di accoglienza, il Signore ha già preparato per noi uno spazio dove riconoscerci e sentirci suoi amici. Si tratta del «nostro cuore: una ‘stanza’ che può sembrare vuota, ma che attende solo di essere riconosciuta, colmata e custodita. La Pasqua, che i discepoli devono preparare, è in realtà già pronta nel cuore di Gesù», ricorda il Papa, «è Lui che ha pensato tutto, disposto tutto, deciso tutto. Tuttavia, chiede ai suoi amici di fare la loro parte. Questo ci insegna qualcosa di essenziale per la nostra vita spirituale: la grazia non elimina la nostra libertà, ma la risveglia. Il dono di Dio non annulla la nostra responsabilità, ma la rende feconda.
Leone XIV invita a non confondere i preparativi con le illusioni, perché i primi orientano e rendono possibile un incontro e le seconde distraggono e cercano un risultato: «L’amore vero – ci ricorda il Vangelo – si dà prima ancora che venga ricambiato. È un dono anticipato», ricorda il Papa, «non si fonda su ciò che riceve, ma su ciò che desidera offrire. È ciò che Gesù ha vissuto con i suoi: mentre loro ancora non capivano, mentre uno stava per tradirlo e un altro per rinnegarlo, Lui preparava per tutti una cena di comunione». L’invito di Gesù a preparare la cena giunge anche a noi oggi, tocca la nostra vita, non riguarda solo la “liturgia”, aggiunge il Papa, ma anche la «nostra disponibilità a entrare in un gesto che ci supera», come possono essere «ogni atto gratuito, ogni perdono offerto in anticipo, ogni fatica accolta pazientemente», tutti modi «per preparare un luogo dove Dio può abitare».
L’Eucaristia, sottolinea Leone XIV, «non si celebra soltanto sull’altare, ma anche nella quotidianità, dove è possibile vivere ogni cosa come offerta e rendimento di grazie. Prepararsi a celebrare questo rendimento di grazie non significa fare di più, ma lasciare spazio. Significa togliere ciò che ingombra, abbassare le pretese, smettere di coltivare aspettative irreali». Quando poi si accoglie «l’invito a preparare il luogo della comunione con Dio e tra di noi», ha concluso Leone, «scopriamo di essere circondati da segni, incontri, parole che orientano» verso quello spazio, quel luogo, «in cui si celebra incessantemente il mistero di un amore infinito, che ci sostiene e che sempre ci precede».
L’auspicio del Pontefice è che la «disponibilità quotidiana» in ciascuno possa far crescere «quella fiducia serena» con la quale poter «affrontare ogni cosa con il cuore libero».



