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«Tutto è partito nell’ottobre del 2023. Avevo otto anni all’epoca e un giorno, mentre ero al catechismo, sono entrato in chiesa. E in quel momento ho sentito una voce che mi chiamava: “Vittorio vieni con me, Vittorio vieni”. Da quel sabato ho sentito una vera vocazione in me e ho deciso che avrei seguito la strada per entrare in seminario». A parlare è Vittorio Romeo, 10 anni (compirà gli 11 a settembre), giovanissimo ragazzo di Milano che dopo l’estate inizierà il percorso all’interno del seminario minore di Bergamo Alta. Voce squillante, tono deciso e una consapevolezza, sul tema comunque delicato della vocazione religiosa, non comune per un ragazzo di questa età. Il percorso da intraprendere è lungo, ma Vittorio è determinato: «Innanzitutto ringrazio il mio parroco che mi ha segnalato il seminario di Bergamo. Io sento una vocazione e voglio capire e scoprire come si sviluppa la vita di un prete». Il ragazzo poi prosegue e sottolinea l’importanza che ha per lui la figura di Gesù. E lo fa senza mezzi termini: «Posso dire che in questo momento Gesù per me è la cosa più importante al mondo. Io mi sento molto vicino a lui e dedico tanto tempo della mia giornata alla preghiera». E poi racconta un altro aneddoto, di quando era ancora più piccolo: «So che sentire una chiamata a otto anni non è comune. Però io avevo già ricevuto un primo piccolo messaggio all’età di tre o quattro anni. Un giorno ero in camera mia e mia madre sentiva che parlavo da solo. Quando mi ha chiesto con chi stessi parlando io le ho risposto: “Mamma sto parlando con Gesù”. Lei pensava che stessi scherzando, poi però mi ha fatto vedere un’immaginetta di Gesù Bambino e io le ho detto: "Sì mamma stavo parlando con lui”». Ora dunque l’estate e poi l’ingresso al seminario. E Vittorio ci spiega anche come funzionerà: «Da casa mia a Bergamo è circa un’ora di viaggio. Starò lì dalla domenica sera al venerdì. Nel weekend, invece, tornerò a casa dai miei genitori. Il seminario è legato comunque a una scuola media pubblica e starò anche con altri ragazzi che non seguono il mio stesso percorso». A confermare il tutto è anche la madre, Giannarita De Stasio: «Vittorio ama andare in processione e servire la Santa Messa. E la domenica va in chiesa anche due o tre volte. E ama anche suonare. Da quando ha cinque anni segue il corso di batteria presso la “Casa delle note” a Milano. E poi in chiesa suona le campane».


Dario: «“Anarchico” al liceo, oggi innamorato del Signore»
di Annachiara Valle
Un «fermento» che aveva fin da ragazzino. «Entravo in chiesa con una grande gioia, saltellando da un banco all’altro, con una esuberanza che creava anche qualche imbarazzo in mia madre, che pure aveva alimentato in me, fin dalla più tenera età, la fiamma della fede». Dario Cardamone, ventiduenne seminarista di Amantea (Cosenza), racconta la sua vocazione. La vicinanza ai frati conventuali del suo paese, gli studi, «in cui ero bravo anche se un po’ ribelle», il fidanzamento a 18 anni «con una coetanea che aveva un cugino sacerdote». Quello «è stato uno degli incontri decisivi perché ho percepito, per la prima volta, una ulteriore presenza di Dio nella mia vita. Mi ha aiutato molto a scoprire quel seme che avevo nel cuore, ad ascoltare la chiamata». E confessa: «all’inizio questa scoperta non mi ha suscitato gioia, ma, anzi, un grande turbamento perché ero molto innamorato. Non è stato facile fare i conti con quello che mi succedeva, ma non potevo ignorare quella voce. E adesso, rileggendo questo primo arco della mia vita, vedo come il Signore si sia sempre manifestato nella mia esistenza. Ho scoperto come la presenza di Dio mi abbia attraversato in tutto il mio essere, comprese le fragilità». Una scelta, quella di entrare nel seminario di Cosenza, che può sembrare un po’ «controtendenza», lo sottolinea lui stesso. «Sono stato un po’ anarchico ai tempi del liceo, impegnato come rappresentante di classe, trascinatore dei miei compagni nel combattere quelle che ci apparivano come ingiustizie. Quando ho detto della mia vocazione sia gli amici che la famiglia hanno pensato che fosse una scelta strana. In realtà non sono io che ho scelto, io ho ascoltato quello che Dio diceva». E adesso che è al secondo anno di seminario «si sono rovesciate un po’ le cose. Sono io che alimento la fede in mia mamma che si era un po’ allontanata». Gli amici, invece, «dopo quello che hanno vissuto come un colpo di scena, perché mi vedevano impegnato in politica e nel sociale, sono ancora tra lo scioccato e la gioia». Per Dario, «la difficoltà maggiore è uscire dalle proprie convinzioni, mettersi in gioco e accogliere il dinamismo di Dio. Nel nostro tempo tendiamo a credere di poter essere uomini e donne che ce la fanno da soli. Saper rischiare è la cosa più difficile. Ma sai che la forza viene dall’amore di Dio che arriva, arriva sempre».


Don Luca: «Dalla finanza alla parrocchia, 8 anni fa la svolta»
di Antonio Sanfrancesco
«Non c’è un evento preciso che mi ha spinto a entrare in Seminario e diventare sacerdote. È stato un percorso che ha viaggiato su tre binari paralleli: il mio lavoro di consulente finanziario, il mio impegno di educatore in oratorio e i miei amici che imboccavano strade importanti della propria vita come sposarsi e avere dei figli che mi hanno, in un certo senso, “stimolato” a chiedermi quale fosse la mia strada». Don Luca Crespi, 35 anni, della parrocchia Santo Stefano di Nerviano, città dell’hinterland nord-ovest di Milano, è uno degli undici preti ordinati il 7 giugno scorso in Duomo dall’arcivescovo Mario Delpini.
Diploma al Liceo Classico nel 2008, poi Laurea triennale in Economia e gestione aziendale e magistrale in Comunicazione e marketing dell’impresa, entrambe all’Università Cattolica: «Essendo giocatore e anche allenatore di basket il mio sogno era quello di lavorare nell’ambito del marketing sportivo», racconta don Luca, «ma non è andata come speravo. Allora ho deciso di affiancare mio padre che è consulente finanziario in una banca d’investimenti. Fare questo lavoro mi ha molto gratificato perché è basato sulle relazioni permettendomi di stare a contatto con le persone, ascoltare le loro difficoltà, consigliarle su quali decisioni adottare. Questa era la parte del lavoro che mi piaceva di più».
La prima “svolta” arriva nel 2017 quando don Luca partecipa al Triduo pasquale al seminario di Venegono Inferiore con i suoi futuri “colleghi”: «Tornai a casa con una gioia profonda che non sapevo descrivere. Ne parlai con il prete dell’oratorio e da lì ho preso in considerazione l’idea di diventare sacerdote».
Nel 2019, dopo un anno “propedutico”, l’entrata in Seminario: «Ci è voluto molto coraggio nel lasciare un lavoro promettente e ben avviato», spiega don Luca, «ma era la decisione che mi sentivo di prendere. Anche la mia famiglia, sulle prime, è rimasta scioccata. Poi mi sono stati vicino e mi hanno accompagnato con gioia. I miei amici hanno trovato la mia scelta molto coerente con il resto della mia vita. In generale, non ho avuto grandi opposizioni, dubbi invece sì, ma credo sia normale».
Dopo cinque anni da studente universitario, cinque da lavoratore e sei di Seminario, ora per don Luca inizia una nuova avventura: «Ringrazio il Signore che mi ha condotto fin qui dopo avermi donato un bagaglio di esperienze che mi hanno permesso di maturare, capire la complessità delle relazioni, i problemi delle persone, dalle famiglie ai giovani, e quanta fatica e impegno occorrono per entrare nelle vite degli altri».
Sul numero 26 di Famiglia Cristiana in edicola da giovedì 26 Giugno abbiamo dedicato un intero servizio a un ruolo del sacerdote così decisivo nelle nostre comunità.



