Cari amici lettori, il 9 ottobre è stato pubblicato il primo documento ufficiale di grande respiro firmato da Leone XIV: si tratta di una esortazione apostolica dedicata all’«amore verso i poveri» intitolata Dilexi te (“Ti ho amato”), citazione tratta dal libro dell’Apocalisse (3,9) che è una «dichiarazione d’amore» del Signore Gesù a una comunità priva di rilevanza e di risorse.

Il documento viene ricollegato esplicitamente all’ultima enciclica di papa Francesco, Dilexit nos (24 ottobre 2024), con cui il defunto Pontefice approfondiva «l’amore divino e umano del cuore di Cristo» e, aspetto significativo di questo amore, «il modo in cui Gesù si identifica “con i più piccoli della società”», mostrando col suo amore donato fino alla fine la dignità di ogni essere umano, soprattutto quando «più è debole, misero e sofferente» (n. 2).

Con questa esortazione, dunque, papa Leone raccoglie il testimone da papa Francesco: era stato quest’ultimo a iniziare a lavorare sulla Dilexi te senza poterla ultimare, e ora il Pontefice americano la riprende e completa, facendo proprio un tema portante del pontificato del predecessore.

Cuore del documento – di cui trovate una sintesi alle pagg. 12-14 – è il nesso individuato fin dai paragrafi iniziali tra il credere e l’azione sociale, tra la fede e la testimonianza delle opere (n. 40), così come il legame tra vero culto e carità (n. 42). È una sottolineatura che torna a più riprese, molto importante perché mette in evidenza come non abbia senso contrapporre credere e impegno sociale per gli esclusi.

Papa Leone mostra come questa “coerenza” tra Vangelo e attenzione ai poveri attraversi tutto il cristianesimo: dalla Bibbia (nn. 16-34), passando per l’esperienza delle prime comunità cristiane, gli scritti (e l’azione) dei Padri della Chiesa e dei santi, antichi e moderni (nn. 35-81), fino al magistero recente (nn. 82-102).

Riscoprire i poveri al cuore del Vangelo, come ha insegnato papa Francesco, fa riscoprire il Vangelo stesso e insegna alla Chiesa un modo diverso di stare al mondo, come “profezia” dell’amore ricevuto da Cristo che «per noi si è fatto povero» (2Corinzi 8,9).

In questo senso i poveri ci «evangelizzano», ci ricordano che stare con loro (e non solo fare qualcosa per loro) è “toccare la carne di Cristo”, insegnamento di papa Francesco più volte ricordato nel testo.

Leone si preoccupa anche del vissuto concreto e riabilita l’idea spesso screditata di “elemosina” (n. 115-119): «L’amore e le convinzioni più profonde vanno alimentate, e lo si fa con gesti. Rimanere nel mondo delle idee e delle discussioni, senza gesti personali, frequenti e sentiti, sarà la rovina dei nostri sogni più preziosi. Per questa semplice ragione come cristiani non rinunciamo all’elemosina… E sempre sarà meglio fare qualcosa che non fare niente. In ogni caso ci toccherà il cuore. Non sarà la soluzione alla povertà nel mondo, che va cercata con intelligenza, tenacia, impegno sociale. Ma noi abbiamo bisogno di esercitarci nell’elemosina per toccare la carne sofferente dei poveri» (n. 119).

È vero, mettere di tasca propria un piccolo contributo non cambierà le sorti del mondo, ma è comunque un gesto importante. E ci deve rincuorare che tanti cristiani, ogni giorno, in tanti modi, si lascino “toccare” dal bisogno dei poveri. Un modo di “fare la propria parte” che interpella la coscienza di ciascuno e ciascuna di noi.

Immagine in alto: Papa Leone firma la Dilexi Te, la sua prima esortazione apostolica (foto ANSA)


In collaborazione con Credere
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