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Nella mattinata di lunedì, «Leone XIV ha ricevuto una telefonata da Mahmoud Abbas, Presidente dello Stato di Palestina, sui recenti sviluppi del conflitto nella Striscia di Gaza e delle violenze in Cisgiordania». Lo fa sapere la Sala Stampa vaticana in una nota che spiega gli argomenti trattati: «Il Papa ha rinnovato l'appello al pieno rispetto del Diritto Internazionale Umanitario» e «l'obbligo di proteggere i civili e i luoghi sacri», «il divieto dell'uso indiscriminato della forza e del trasferimento forzato della popolazione». «Considerata la situazione umanitaria, si è enfatizzata l'urgenza di prestare soccorso a chi è maggiormente esposto e di permettere l'ingresso adeguato di aiuti umanitari». Nella telefonata «sui recenti sviluppi del conflitto nella Striscia di Gaza e delle violenze in Cisgiordania», riferisce sempre un comunicato della sala stampa vaticana, «il Santo Padre ha ricordato la fausta ricorrenza del decimo anniversario dell'Accordo Globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina, firmato il 26 giugno 2015 ed entrato in vigore il 2 gennaio 2016».
Intanto, in un'intervista ai media vaticani, il Patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha tracciato un bilancio della tre giorni di visita nella Striscia di Gaza dopo che un raid israeliano, giovedì scorso, aveva colpito la parrocchia della Sacra Famiglia uccidendo tre persone e ferendone altre undici, tra cui il parroco padre Gabriel Romanelli. «Non riusciamo a capire le ragioni di tutto questo e, come il Papa giustamente ha detto - e anche noi lo ripetiamo continuamente - tutto questo non è giustificabile», ha detto Pizzaballa che domenica ha celebrato la Messa nella parrocchia colpita sotto il rumore dei bombardamenti, «vorrei chiarire una cosa: non abbiamo nulla contro il mondo ebraico e non vogliamo assolutamente apparire come coloro che vanno contro la società israeliana e contro l'ebraismo, ma abbiamo il dovere morale di esprimere con assoluta chiarezza e franchezza la nostra critica alla politica che questo governo sta adottando a Gaza».
Pizzaballa ha ribadito che «L'altra cosa molto importante da dire è che non ci siamo mai dedicati solo ai cristiani. Era nostro dovere, come pastori, visitare la nostra comunità, ma fin dal principio siamo sempre stati molto chiari su tutto quello che sta accadendo a tutta Gaza e tutte le nostre attività, siano gli ospedali, la Caritas, gli aiuti, sono prevalentemente per tutta la comunità, a cominciare dai nostri vicini, sono per tutti. Il Patriarcato latino, la nostra diocesi, arriva - quando le frontiere ancora lo permettevano, ma riprenderemo presto - a oltre 40 mila persone, sono quasi tutti praticamente musulmani».
Sulla visita a Gaza, Pizzaballa ha detto che «le immagini che mi restano, rispetto alle volte precedenti, sono quelle delle enormi distese di tende che prima non c'erano. Quando sono andato, erano tutti al sud, c'era il corridoio Netzarim che chiudeva. Sono tornati su, adesso c'è più di un milione di persone che non ha dove vivere. Soprattutto lungo il mare, ci sono lunghe distese di tende, dove la gente vive in condizioni di estrema precarietà sia dal punto di vista igienico che sotto qualsiasi altro profilo. E poi, l'altra immagine è l'ospedale: i bambini mutilati, accecati per le conseguenze dei bombardamenti».
Pizzaballa è rimasto colpito, ha spiegato, della speranza che anima i fedeli che hanno trovato rifugio nella parrocchia latina della Sacra Famiglia: «Queste poche centinaia di persone, è vero, sono molto protette, però non sono esenti dagli stessi problemi di tutti gli altri: mancanza di cibo, da mesi non vedono verdura, non vedono carne, come tutti gli altri, insomma. Però vedo, anche nei bambini, sicuramente la stanchezza, ma anche la vitalità, il desiderio. Finché c'è una persona che ha un desiderio di fare qualcosa, di cambiare, vuol dire che c'è ancora vita in loro, e questo l'ho notato».
Sulla sensazione di celebrare Messa sotto il rumore delle bombe, il Patriarca è stato molto chiaro: «Il primo giorno fa un po' impressione, poi ci si abitua. Ho visto che nessuno ci fa più caso. È successo anche noi… insomma, vedo che l'uomo poi è capace di abituarsi a tutto. Qualche volta i colpi più vicini, in seguito ai quali tutto l'edificio trema, fanno un po' impressione, però poi ci si abitua anche a questo. Fa impressione anche, cosa che le immagini non possono rendere, l'odore, il fumo, l'odore delle esplosioni, l'odore che lasciano».
Sull’ordine di evacuazione da parte di Israele, Pizzaballa ha detto che «c'è chi partirà, senz'altro, ma la maggioranza resterà lì. Non sa dove andare, prima di tutto, ma non vuole neanche partire, perché ha le radici lì, ha la casa lì, o meglio, avevano la casa lì, e vogliono ricostruirla lì. Il Papa su questo è stato molto chiaro: niente trasferimenti di popoli, non ci saranno riviere a Gaza».
E, infine, sulle parole di papa Leone XIV che domenica all’Angelus ha detto di evitare “una punizione collettiva” nei confronti dei civili, Pizzaballa ha commentato: «Sono state parole molto chiare, molto forti e molto attese».



