“Il lavoro è la nostra dignità, è il fondamento della nostra vita di persone libere, della vita delle nostre famiglie”. A sottolineare lo stretto legame che esiste tra il lavoro e la possibilità di fare famiglia è stato il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia nell’omelia della messa di Natale al Petrolchimico di Porto Marghera. “Senza lavoro non c’è dignità umana, non c’è possibilità di relazioni umane libere, non c’è possibilità di costruire la famiglia che è bene comune. Perciò il lavoro è non solo il presente ma anche il futuro di una società”, ha aggiunto Moraglia a 300 dipendenti delle aziende presenti nello stabilimento del petrolchimico, da sempre luogo simbolo delle lotte operaie del polo industriale veneziano, in crisi da molti anni.
Davanti a un’altare costruito da valvole industriali e un crocefisso piantato su un fusto di olio lubrificante, opere di Ilario Bisacco, un tecnico di un’impresa del Petrolchimico, il Patriarca ha affermato con forza che “Stato, politica e società civile sono chiamati, in modo differente, non a promettere ma a garantire e promuovere il lavoro, non ad irregimentare l’intera vita ma ad assicurare le condizioni per un lavoro dignitoso e a sostenere l’attività economica”.
E’ necessaria una “nuova cultura del lavoro”, ha precisato il vescovo, che esca da una concezione solo economicistica e ha ribadito l’esigenza di “una nuova alleanza tra tutti i soggetti - Stato, società civile, imprese, associazioni di categoria, sindacati e partiti”. “Se si riconvertiranno al bene comune, potrà nascere una vera politica per il lavoro. Anzi, un vero patto per il lavoro e lo sviluppo in cui la persona torni ad essere il centro”. Ha riecheggiato poi le parole dette da Papa Francesco, tre mesi fa, ai lavoratori della Sardegna: “Dobbiamo non lasciarci togliere e rubare la speranza”. Infine il Patriarca ha ricordato i lavoratori defunti, soprattutto a causa di infortuni, le vittime del terrorismo legate al Petrolchimico (“persone che hanno fatto la storia di questo territorio”) e il diacono Arturo Pedrazzi.
Davanti a un’altare costruito da valvole industriali e un crocefisso piantato su un fusto di olio lubrificante, opere di Ilario Bisacco, un tecnico di un’impresa del Petrolchimico, il Patriarca ha affermato con forza che “Stato, politica e società civile sono chiamati, in modo differente, non a promettere ma a garantire e promuovere il lavoro, non ad irregimentare l’intera vita ma ad assicurare le condizioni per un lavoro dignitoso e a sostenere l’attività economica”.
E’ necessaria una “nuova cultura del lavoro”, ha precisato il vescovo, che esca da una concezione solo economicistica e ha ribadito l’esigenza di “una nuova alleanza tra tutti i soggetti - Stato, società civile, imprese, associazioni di categoria, sindacati e partiti”. “Se si riconvertiranno al bene comune, potrà nascere una vera politica per il lavoro. Anzi, un vero patto per il lavoro e lo sviluppo in cui la persona torni ad essere il centro”. Ha riecheggiato poi le parole dette da Papa Francesco, tre mesi fa, ai lavoratori della Sardegna: “Dobbiamo non lasciarci togliere e rubare la speranza”. Infine il Patriarca ha ricordato i lavoratori defunti, soprattutto a causa di infortuni, le vittime del terrorismo legate al Petrolchimico (“persone che hanno fatto la storia di questo territorio”) e il diacono Arturo Pedrazzi.


