La tutela dei minori è fondamentale perché lo stesso Vangelo sia credibile. Lo sottolinea chiaramente la Pontificia Commissione per la tutela dei minori nel presentare il suo II  Rapporto annuale. Molti passi in avanti in Tanti Paesi del mondo, secondo i dati del Report, tuttavia, in Italia si registra «una notevole resistenza culturale nell'affrontare gli abusi. I tabù culturali», recita il testo, «possono rendere difficile per le vittime/sopravvissuti-e e per le loro famiglie parlare delle proprie esperienze e denunciarle alle autorità». In particolare la Pontificia Commissione «si rammarica di non aver incontrato le delegazioni regionali di Abruzzo-Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Piemonte, Puglia, Triveneto e Umbria e di non aver ricevuto risposte al suo questionario quinquennale sulla tutela dalla totalità delle diocesi». Nel Rapporto si evidenzia che «il Servizio Nazionale per la Tutela ha registrato la presenza di gruppi di lavoro in 144 diocesi su 226». Non solo, in Italia, si registra «una significativa disparità nel personale e nelle risorse assegnate a molti di questi uffici. Il fatto che diversi di essi vengano attivati unicamente quando necessario e non siano dotati di personale e risorse finanziarie stabili e sufficienti rappresenta», dunque, «un serio rischio per l'attuazione delle misure di tutela e può, di fatto, complicare i processi di esercizio della responsabilità istituzionale». E dunque  «sebbene alcune Chiese locali siano riuscite a creare soluzioni pionieristiche e persino a instaurare proficue collaborazioni con la società civile, permangono forti disparità tra le diverse regioni. Ma, in positivo, rileva l'istituzione di una rete complessiva di uffici e strutture nelle diocesi per la segnalazione e l'assistenza che copre quasi tutte le diocesi». Ancora, denuncia la Pontificia Commissione, «la Conferenza Episcopale Italiana non dispone di un ufficio centralizzato di ricezione delle segnalazioni/denunce e di analisi, in modo tempestivo e comparativo, della corretta gestione dei casi nelle diverse regioni, al fine di promuovere lo sviluppo uniforme ed efficace di servizi inerenti alle denunce». Il caso italiano è particolarmente sotto i riflettori anche per la presenza nel nostro paese di «seminaristi, sacerdoti, postulanti, novizi e religiosi che provengono da tutto il mondo per ricevere istruzione e formazione in Italia. Ciò pone la sfida di stabilire procedure efficaci di controllo dei precedenti prima della loro integrazione nelle diverse comunità locali. A ciò si aggiunge l'ulteriore sfida di promuovere una solida formazione sulla tutela che sia anche culturalmente sensibile, date le differenze tra le persone provenienti dall'estero. Tale formazione è essenziale per il loro benessere e la loro preparazione, nonché per il benessere e la sicurezza dei minori e degli adulti/e vulnerabili che con essi interagiscono».
A livello sia italiano, inoltre, la Commissione sottolinea «l'importanza di promuovere e sviluppare il dialogo con le vittime/so-pravvissuti-e, le loro famiglie e le associazioni che le rappresentano nonché di ampliare le opportunità per un dialogo franco e costruttivo inerente alle loro preoccupazioni, aspettative ed esperienze, in particolare per quanto riguarda la gestione dei casi, la riparazione e l'esercizio della responsabilità istituzionale da parte della Chiesa. Quanto sopra rafforzerebbe i primi importanti passi compiuti per facilitare un dialogo stabile tra la Chiesa italiana e le vittime/sopravvissuti-e, come promosso nel piano di lavoro quinquennale del Servizio Nazionale per la Tutela». Il Rapporto, comunque, «riconosce gli sforzi sinceri compiuti nell'ambito della tutela nelle Chiese locali, così come in numerosi altri contesti pastorali e sociali e legati alla prevenzione degli abusi».

In Italia, come nel resto del mondo, per contrastare gli abusi poi è «fondamentale proporre nei seminari la formazione sessuale», ha affermato ha sottolineato monsignor Luis Manuel Ali Herrera, Segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, durante la conferenza stampa di presentazione in Vaticano del Rapporto. Importante anche il rapporto con i media, che aiutano nell’incoraggiare le vittime alla denuncia e, soprattutto l’ascolto. «Ascoltare vittime e sopravvissuti è il primo passo verso la realizzazione di una Chiesa più sicura per i nostri figli. Dobbiamo una risposta onesta alle innumerevoli vittime e sopravvissuti, noti e sconosciuti, che hanno avuto il coraggio di lanciare l'allarme sugli abusi, nonostante ostacoli inimmaginabili», ha dichiarato la giurista Maud de Boer-Buquicchio, giurista, incaricata della stesura del Rapporto.

Il volume registra un aumento delle denunce in Europa e Americhe, dove le vittime si sentono più protette nel portare alla luce i propri casi, mentre c’è una sottostima in Africa e Asia. «In questi anni abbiamo camminato, sono stati mossi diversi passi», ha concluso monsignor Luis Manuel Ali Herrera, Segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, «so che non stiamo agendo con la celerità che tutti desidereremmo ma stiamo agendo».