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Da nove anni, Alfonsina Malacrida va a comprarsi un’ora d’amore a settimana da Bonamente Fanzago, ex attore porno, innamorato ormai da tempo di lei. Così, nella pensione del signor Alfredo, un travestito loquace e spiritoso, ogni martedì si consuma il dramma dei personaggi che abitano uno spazio marginale, ai limiti del mondo socialmente riconosciuto, finché la verità delle loro vite non viene bruscamente portata allo scoperto.
Da mercoledì 7 al 18 febbraio, lo spettacolo diretto da Pierpaolo Sepe in tournée da più di un anno calcherà il palcoscenico del Teatro Franco Parenti. L’adattamento del romanzo di Massimo Carlotto, La signora del martedì, è interpretato da Giuliana De Sio e Alessandro Haber, con la partecipazione anche di Paolo Sassanelli, Riccardo Festa e Samuele Fragiacomo.
Dato il successo straordinario di critica e pubblico, abbiamo raccolto le parole di Alessandro Haber - che ha da poco finito di girare anche il film Giulietta è Romeo di Veronesi, in uscita il 14 febbraio - per farci raccontare retroscena e i motivi di una così vasta accoglienza.
Ormai è più di un anno che questo spettacolo viene riproposto in numerosi teatri italiani e soprattutto ha appena preso il via una nuova lunga tournée. Come si spiega l’incredibile seguito de La signora del martedì.
È il secondo anno consecutivo che lo mettiamo in scena. È uno spettacolo bizzarro, curioso, drammatico, divertente, poetico. Sembra una partitura musicale divisa in tre tempi: andante, veloce, drammatico. Il cast è spettacolare. Con la De Sio ci promettevamo di fare qualcosa insieme da anni, ma non c’era mai stata l’occasione. La signora del martedì ha fatto al caso nostro. Lo spettacolo è tratto liberamente dal romanzo di Massimo Carlotto, sul quale abbiamo fatto un importante lavoro con un drammaturgo: abbiamo preso il testo e lo abbiamo trasformato in quello che ora è uno spettacolo con incredibile adesioni di pubblico e di critica. Credo che gli ingredienti del successo siano proprio i vari generi che esplora: inizia come un giallo, diventa drammatico, si tinge anche di torbido ma termina come un vaudeville. Al di là del finalissimo drammatico, c’è una parte che fa schiattare dal ridere.
I protagonisti sono quattro personaggi emarginati, vinti, disperati, ognuno con una storia drammatica alle spalle. Io sono costretto sulla sedia a rotelle perché, per idiosincrasia, è come se avessi una malattia che in realtà non ha un riscontro medico. In realtà il mio personaggio soffre da anni di un amore non compreso, non soddisfatto e quindi si paralizza. È una metafora. Nel testo originale il mio personaggio era semplicemente un giornalista che cerca di demolire la protagonista, Nanà. Noi gli abbiamo dato uno spessore psicologico.
È quindi una storia intrigante, molto forte e molto ben recitata, anche per l’ottima regia. Tra noi giochiamo molto, ci passiamo la palla in maniera convinta, con grande stima. C’è un’attenzione estrema del pubblico proprio perché c’è un cambio di registro continuo.
Quattro mondi che si incontrano così diversi, così problematici, che potrebbero fare uno spettacolo a sé. Si incontrano, si frantumano insieme, si abbracciano e si separano in maniera drammatica. Tra l’altro metterlo in scena al Pier Lombardo è per me un’emozione: è un teatro che conosco bene, con un pubblico variegato, con tanti giovani e che mi fa sentire a casa».



