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Curioso per un’ex “iena” sentirsi rimproverare dal proprio editore perché «secondo lui sono troppo moderato». Ancor più curioso se l’editore è monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, la proprietaria di Tv2000, nota nell’ambiente come “la Tv dei vescovi”. Proprio per spazzare via questa immagine così autoreferenziale, dal giugno scorso Alessandro Sortino, che dopo Le iene ha lavorato per Presadiretta e Piazzapulita, è stato nominato vicedirettore del canale.
«Monsignor Galantino dice che devo continuare a fare la “iena”, ma illuminando anche il bene. Ci sto provando, in generale e nel mio programma, che sopporta il rischio di scandalizzare quanti sono “dentro” pur di accendere una scintilla in quanti sono “fuori”». Il programma in questione è Beati voi, in onda al lunedì in prima serata. Ogni puntata è dedicata a una delle Beatitudini del Discorso della Montagna di Gesù. Ci sono ospiti famosi (da Pif a Franca Valeri) e non che portano la loro testimonianza rispetto alla Beatitudine e alla fine un sacerdote che fa una riflessione su quanto è stato detto.
- Quale Beatitudine ti piace di più?
«Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Le difficoltà della vita spesso ci inducono a pensare che i momenti lieti siano solo una parentesi nel dolore. La proposta cristiana afferma proprio il contrario: il pianto anticipa la gioia e la fa fiorire».
- Il vostro programma più seguito è il Rosario in diretta da Lourdes. Fa anche il 5% di share, un risultato che tanti programmi dei canali generalisti si sognano. Cosa significa questo dato?
«Due cose: la prima è che in Italia ci sono moltissime persone che hanno una vita cristiana di cui nessuno parla, una vita in cui si cerca di dare un significato alla sofferenza attraverso la preghiera; la seconda è che ormai nella Tv in cui ciascuno sempre più può scegliere cosa guardare e quando, funzionano gli eventi che ha senso vedere solo nel momento in cui accadono, specie se prevedono la possibilità per il pubblico di partecipare. Da questo punto di vista mediatico, fatte le debite proporzioni, la finale di X Factor con il televoto è simile al Rosario in diretta da Lourdes: in entrambi i casi si crea una comunità che partecipa a un evento».
- Qual è la motivazione più forte che ti ha spinto a un cambiamento così drastico nella tua carriera, a rinunciare a programmi seguiti da milioni di persone?
«Non penso che il cristianesimo sia una faccenda privata: nella sua preghiera più importante, il Padre Nostro, si usa il “noi”, non l’“io”. La proposta di Tv2000 mi è parsa un’occasione per colmare la distanza tra la mia fede e il mio essere un personaggio pubblico».
- In questo passaggio, cosa resta dell’indignazione, del sarcasmo che hanno caratterizzato il tuo modo di fare giornalismo dalle Iene in poi?
« Tutto. Queste caratteristiche fanno parte di me, anche se ovviamente io non sono più quello di allora e anche la realtà è cambiata. Quando ho iniziato, l’ironia, l’uso di codici appartenenti allo spettacolo erano l’unico strumento per criticare il potere politico. Alle Iene ci sentivamo come dei predicatori nel deserto, perché le nostre denunce, anche su gravi fatti di corruzione, non venivano riprese da nessuno. Oggi questa cappa non c’è più, però ci troviamo di fronte a un fenomeno nuovo: i politici stessi sono diventati maestri nell’usare i codici dello spettacolo e quindi chi li intervista rischia di fare il loro stesso gioco. C’era poi una parte in quel linguaggio in cui non mi riconosco più. A un certo punto mi sono reso conto che gli spettatori fanno il tifo per il giornalista che denuncia non per ciò che denuncia, ma per il solo gusto di vedere una persona messa alla gogna. Un gusto che si è esasperato con la diffusione di Internet: se era accettabile un servizio di cinque minuti in cui si smascherava con ironia il sindaco di un paese che aveva commesso una leggerezza, non si può tollerare che quel sindaco venga bersagliato per sempre di insulti dai suoi concittadini sui social network. La giusta critica non può trasformarsi in linciaggio».
- Alle Iene ti hanno mai preso in giro per la tua fede?
«Lo faceva Enrico Lucci, che considero oltre che un amico un maestro di giornalismo, giocando sui luoghi comuni secondo cui i cattolici rinunciano alle gioie della vita come la sessualità. La cosa buffa è che lui è cresciuto in parrocchia e poi è diventato anticlericale. Io invece ho scoperto la fede a 18 anni. Tornando ai luoghi comuni, se è vero che essere cattolici non significa avere un prete che ti aspetta a casa ogni sera per leggerti dei capi di imputazione, non significa nemmeno sentirsi “diversi” dagli altri. Non mi sono mai sentito un marziano, anche alle Iene. Io sono una “iena” e sono cattolico: e allora? Questo è il mio talento».
«Monsignor Galantino dice che devo continuare a fare la “iena”, ma illuminando anche il bene. Ci sto provando, in generale e nel mio programma, che sopporta il rischio di scandalizzare quanti sono “dentro” pur di accendere una scintilla in quanti sono “fuori”». Il programma in questione è Beati voi, in onda al lunedì in prima serata. Ogni puntata è dedicata a una delle Beatitudini del Discorso della Montagna di Gesù. Ci sono ospiti famosi (da Pif a Franca Valeri) e non che portano la loro testimonianza rispetto alla Beatitudine e alla fine un sacerdote che fa una riflessione su quanto è stato detto.
- Quale Beatitudine ti piace di più?
«Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Le difficoltà della vita spesso ci inducono a pensare che i momenti lieti siano solo una parentesi nel dolore. La proposta cristiana afferma proprio il contrario: il pianto anticipa la gioia e la fa fiorire».
- Il vostro programma più seguito è il Rosario in diretta da Lourdes. Fa anche il 5% di share, un risultato che tanti programmi dei canali generalisti si sognano. Cosa significa questo dato?
«Due cose: la prima è che in Italia ci sono moltissime persone che hanno una vita cristiana di cui nessuno parla, una vita in cui si cerca di dare un significato alla sofferenza attraverso la preghiera; la seconda è che ormai nella Tv in cui ciascuno sempre più può scegliere cosa guardare e quando, funzionano gli eventi che ha senso vedere solo nel momento in cui accadono, specie se prevedono la possibilità per il pubblico di partecipare. Da questo punto di vista mediatico, fatte le debite proporzioni, la finale di X Factor con il televoto è simile al Rosario in diretta da Lourdes: in entrambi i casi si crea una comunità che partecipa a un evento».
- Qual è la motivazione più forte che ti ha spinto a un cambiamento così drastico nella tua carriera, a rinunciare a programmi seguiti da milioni di persone?
«Non penso che il cristianesimo sia una faccenda privata: nella sua preghiera più importante, il Padre Nostro, si usa il “noi”, non l’“io”. La proposta di Tv2000 mi è parsa un’occasione per colmare la distanza tra la mia fede e il mio essere un personaggio pubblico».
- In questo passaggio, cosa resta dell’indignazione, del sarcasmo che hanno caratterizzato il tuo modo di fare giornalismo dalle Iene in poi?
« Tutto. Queste caratteristiche fanno parte di me, anche se ovviamente io non sono più quello di allora e anche la realtà è cambiata. Quando ho iniziato, l’ironia, l’uso di codici appartenenti allo spettacolo erano l’unico strumento per criticare il potere politico. Alle Iene ci sentivamo come dei predicatori nel deserto, perché le nostre denunce, anche su gravi fatti di corruzione, non venivano riprese da nessuno. Oggi questa cappa non c’è più, però ci troviamo di fronte a un fenomeno nuovo: i politici stessi sono diventati maestri nell’usare i codici dello spettacolo e quindi chi li intervista rischia di fare il loro stesso gioco. C’era poi una parte in quel linguaggio in cui non mi riconosco più. A un certo punto mi sono reso conto che gli spettatori fanno il tifo per il giornalista che denuncia non per ciò che denuncia, ma per il solo gusto di vedere una persona messa alla gogna. Un gusto che si è esasperato con la diffusione di Internet: se era accettabile un servizio di cinque minuti in cui si smascherava con ironia il sindaco di un paese che aveva commesso una leggerezza, non si può tollerare che quel sindaco venga bersagliato per sempre di insulti dai suoi concittadini sui social network. La giusta critica non può trasformarsi in linciaggio».
- Alle Iene ti hanno mai preso in giro per la tua fede?
«Lo faceva Enrico Lucci, che considero oltre che un amico un maestro di giornalismo, giocando sui luoghi comuni secondo cui i cattolici rinunciano alle gioie della vita come la sessualità. La cosa buffa è che lui è cresciuto in parrocchia e poi è diventato anticlericale. Io invece ho scoperto la fede a 18 anni. Tornando ai luoghi comuni, se è vero che essere cattolici non significa avere un prete che ti aspetta a casa ogni sera per leggerti dei capi di imputazione, non significa nemmeno sentirsi “diversi” dagli altri. Non mi sono mai sentito un marziano, anche alle Iene. Io sono una “iena” e sono cattolico: e allora? Questo è il mio talento».



