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La strada per emergere nella canzone in Italia è praticamente una sola: passare da un talent. Con qualche rara eccezione, che ha il sapore di una favola come nel caso di Benji & Fede, al secolo Benjamin Mascolo, 23 anni, e Federico Rossi, 22. Originari di Modena, quando erano adolescenti si sono conosciuti su Facebook, Fede cantava, Benji suonava la chitarra ed era già autore dei suoi brani. È scoccata una scintilla, un’intuizione che le cose tra loro potessero funzionare. Quando Benji è partito per la Tasmania a vivere da solo a 17 anni hanno cominciato a collaborare a distanza, sempre via Facebook e Skype. Fino a quando, al ritorno del ragazzo in Italia dopo due anni, sono diventati un vero e proprio duo pop.
I video caricati su YouTube, le prime esibizioni dal vivo e poi la scoperta da parte di una casa discografica, e il loro primo album, 20:05, l’ora precisa in cui si sono scritti per la prima volta. Da quel momento è esploso il fenomeno Benji & Fede, inarrestabile, fatto di successi sia in Italia sia all’estero. Complice, certo, il più che gradevole aspetto fisico (ragazzi con la faccia da angeli e le braccia tatuate), una perfetta sintonia e canzoni azzeccate. Potremmo liquidarli come un fenomeno da ragazzini, è massiccio il numero di fan che li seguono in giro per l’Italia e su Facebook, dove hanno quasi 900 mila seguaci. Ma non basta: ci sono anche una ricerca musicale – tanto che sono andati a registrare il loro secondo album 0 + (come il loro gruppo sanguigno) in Finlandia e in Norvegia –, la scrittura di testi non banali e i riconoscimenti internazionali. A giugno, agli Mtv Awards a Firenze, avevano conquistato tre premi: Nickelodeon Slimfest Award, Best New Artist e il Tim Best Italian Band; due settimane fa a Rotterdam agli Mtv Emas (European Music Awards), si sono aggiudicati il Best Italian Act.
Quando li abbiamo incontrati nella sede della Warner a Milano era da poche ore uscito il singolo Amore Wi-Fi, e abbiamo salutato in diretta la conquista del primo posto nella classifica di iTunes. Dopo due settimane l’album 0 + era già diventato disco di platino. C’è di che montarsi la testa ma i due ragazzi hanno l’aria pulita e sembrano soprattutto divertiti da tutto ciò che accade loro. «Siamo rimasti con i piedi per terra», ci dicono, «abbiamo imparato da artisti come Max Pezzali, che è 30 anni che fa grandi successi e vende milioni di dischi ed è tra le persone più umili che conosciamo. Oppure Gianni Morandi, che è rimasto una persona semplice. Quelli che durano non se la tirano, e noi vogliamo durare, crescere, convincere un pubblico sempre più ampio».
Certo che aver scritto un’autobiografia a poco più di vent’anni, Vietato smettere di sognare (edita da Rizzoli), averne vendute 80 mila copie rimanendo in testa alle classifiche dei libri più letti battendo anche Camilleri, un po’ può montare la testa. «Ci piaceva raccontare la nostra storia, che è diversa da quella della maggioranza degli artisti pop. È la storia di due ragazzi che hanno raggiunto il loro obiettivo, ovvero vivere di musica. Prima di scriverne un’altra ci vorranno come minimo altri venti anni!».
Un vortice di soddisfazioni e momenti intensi in cui spiccano due eventi: la partecipazione come ospiti a Sanremo, «perché lo sognavamo da quando eravamo bambini e solo l’anno prima eravamo stati rifiutati nella sezione “Nuove proposte”. E la partita del cuore con la Nazionale cantanti. Abbiamo giocato entrambi per molti anni a calcio e lì eravamo con tanti altri colleghi illustri, per un fine benefico. È stato uno dei momenti più belli della nostra vita».
Fuori dal palazzo della Warner c’era un capannello di ragazzine appostate, che si accontentavano di sbirciare la loro ombra dalle finestre dell’undicesimo piano. Le stesse che fanno ore di fila nei negozi per avere una copia del loro disco firmata. E che commentano con entusiasmo e affetto i loro post su Facebook. «Noi abbiamo un rapporto diretto con loro, le aggiorniamo in tempo reale su quello che ci succede. Non possiamo rispondere singolarmente a tutte ma sentiamo che apprezzano questa nostra vicinanza e spontaneità». Una bella responsabilità avere una così grande influenza sui ragazzi. Benji & Fede non si tirano indietro, anzi mostrano di essere molto consapevoli del loro ruolo: «Nella vita cerchiamo di essere il più responsabili possibile, per noi stessi e per essere d’esempio a chi ci ascolta. Anche nella musica, in cui parliamo della nostra vita, e mandiamo messaggi positivi».
I video caricati su YouTube, le prime esibizioni dal vivo e poi la scoperta da parte di una casa discografica, e il loro primo album, 20:05, l’ora precisa in cui si sono scritti per la prima volta. Da quel momento è esploso il fenomeno Benji & Fede, inarrestabile, fatto di successi sia in Italia sia all’estero. Complice, certo, il più che gradevole aspetto fisico (ragazzi con la faccia da angeli e le braccia tatuate), una perfetta sintonia e canzoni azzeccate. Potremmo liquidarli come un fenomeno da ragazzini, è massiccio il numero di fan che li seguono in giro per l’Italia e su Facebook, dove hanno quasi 900 mila seguaci. Ma non basta: ci sono anche una ricerca musicale – tanto che sono andati a registrare il loro secondo album 0 + (come il loro gruppo sanguigno) in Finlandia e in Norvegia –, la scrittura di testi non banali e i riconoscimenti internazionali. A giugno, agli Mtv Awards a Firenze, avevano conquistato tre premi: Nickelodeon Slimfest Award, Best New Artist e il Tim Best Italian Band; due settimane fa a Rotterdam agli Mtv Emas (European Music Awards), si sono aggiudicati il Best Italian Act.
Quando li abbiamo incontrati nella sede della Warner a Milano era da poche ore uscito il singolo Amore Wi-Fi, e abbiamo salutato in diretta la conquista del primo posto nella classifica di iTunes. Dopo due settimane l’album 0 + era già diventato disco di platino. C’è di che montarsi la testa ma i due ragazzi hanno l’aria pulita e sembrano soprattutto divertiti da tutto ciò che accade loro. «Siamo rimasti con i piedi per terra», ci dicono, «abbiamo imparato da artisti come Max Pezzali, che è 30 anni che fa grandi successi e vende milioni di dischi ed è tra le persone più umili che conosciamo. Oppure Gianni Morandi, che è rimasto una persona semplice. Quelli che durano non se la tirano, e noi vogliamo durare, crescere, convincere un pubblico sempre più ampio».
Certo che aver scritto un’autobiografia a poco più di vent’anni, Vietato smettere di sognare (edita da Rizzoli), averne vendute 80 mila copie rimanendo in testa alle classifiche dei libri più letti battendo anche Camilleri, un po’ può montare la testa. «Ci piaceva raccontare la nostra storia, che è diversa da quella della maggioranza degli artisti pop. È la storia di due ragazzi che hanno raggiunto il loro obiettivo, ovvero vivere di musica. Prima di scriverne un’altra ci vorranno come minimo altri venti anni!».
Un vortice di soddisfazioni e momenti intensi in cui spiccano due eventi: la partecipazione come ospiti a Sanremo, «perché lo sognavamo da quando eravamo bambini e solo l’anno prima eravamo stati rifiutati nella sezione “Nuove proposte”. E la partita del cuore con la Nazionale cantanti. Abbiamo giocato entrambi per molti anni a calcio e lì eravamo con tanti altri colleghi illustri, per un fine benefico. È stato uno dei momenti più belli della nostra vita».
Fuori dal palazzo della Warner c’era un capannello di ragazzine appostate, che si accontentavano di sbirciare la loro ombra dalle finestre dell’undicesimo piano. Le stesse che fanno ore di fila nei negozi per avere una copia del loro disco firmata. E che commentano con entusiasmo e affetto i loro post su Facebook. «Noi abbiamo un rapporto diretto con loro, le aggiorniamo in tempo reale su quello che ci succede. Non possiamo rispondere singolarmente a tutte ma sentiamo che apprezzano questa nostra vicinanza e spontaneità». Una bella responsabilità avere una così grande influenza sui ragazzi. Benji & Fede non si tirano indietro, anzi mostrano di essere molto consapevoli del loro ruolo: «Nella vita cerchiamo di essere il più responsabili possibile, per noi stessi e per essere d’esempio a chi ci ascolta. Anche nella musica, in cui parliamo della nostra vita, e mandiamo messaggi positivi».



