«Ai tempi di Carosello, le grandi agenzie di pubblicità non esistevano. I clienti venivano direttamente da noi e ci davano carta bianca. I personaggi degli spot di quegli anni divertivano soprattutto noi illustratori, che li disegnavamo».

Dal 1957 al 1977: è durata vent’anni la programmazione di quella che forse è stata la trasmissione più amata nella storia della Tv. I numeri sono impressionanti: 19 milioni di telespettatori nel 1976, di cui 9 milioni di bambini. Carosello era un variegato e azzeccato mix di intrattenimento e pubblicità. Per un certo pudore ancora esistente verso la società dei consumi che stava crescendo, il nome del prodotto era nominato solo alla fine, nel “codino”. Prima c’era a disposizione più di un minuto per fare spettacolo. Spettacolo vero: dai primi film italiani di animazione, appunto, agli sketch di varietà, con protagonisti i più grandi attori e cantanti di allora, dalla Vanoni a Gino Cervi, da Bice Valori a Sandra Mondaini, a Vittorio Gassman.

Di quell’indimenticabile mondo ci racconta uno dei massimi esperti: Gino Gavioli, 87 anni, milanese, noto illustratore di fumetti e cartoni animati, proprietario con il fratello Roberto della Gamma Film, uno dei più grandi studi di animazione all’epoca di Carosello. Loro concorrenti, e altrettanto noti, erano lo studio Pagot (ricordate Calimero il pulcino nero? È nato lì) e la Paul Film di Paul Campani (lui ha creato il celebre Omino coi baffi della caffettiera).

Dalla matita di Gino, “il mago del Carosello”, hanno invece preso vita Cimabue, quello dell’amaro, che fa “una cosa e ne sbaglia due”; la folle orchestra Tacabanda, che pubblicizzava cracker e biscotti; Capitan Trinchetto, euforico marinaio che invitava all’acquisto dell’acqua minerale; Pallina, la ragazza esperta di cera per pavimenti. Per citare solo alcuni dei suoi buffi personaggi, indelebili nella memoria dei bambini di allora, che andavano “a nanna dopo Carosello”.

«Non esisteva il concetto di concorrenza», continua Gavioli. «Ero molto amico di Toni Pagot. Il grande creativo Armando Testa veniva spesso in studio da noi. Avevo appena iniziato a disegnare Caio Gregorio, per un marchio di nylon. Ha visto gli schizzi sul tavolo e ha chiesto: “Cos’è ’sto coso? È un ometto strano. Spero, per te, che funzioni e piaccia”. Il personaggio è poi stato un successo».

Un ambiente creativo e divertente...

«Si inventava tutto, perché non c’era ancora niente. Non ho mai studiato animazione, ma ci sono stati anni in cui nel nostro studio avevamo 200 dipendenti che producevano fino a 170 film. Di notte, disegnavo i fumetti per Il Giornalino (ho collaborato per 46 anni). Tutto per me era una gioia. Consideravo lavoro il 2 per cento di ciò che facevo, il resto era puro divertimento. Del resto, nella parte amministrativa e pratica dell’azienda era decisamente più in gamba mio fratello».

Come nascevano le idee per i personaggi?

«Di getto. Mi ricordo, per esempio, un venerdì d’estate. Stavo per raggiungere mia moglie e i figli, in vacanza in Liguria. Il treno era già prenotato. Arriva un cliente e chiede un nuovo personaggio per Carosello entro sera. Non so da che parte girarmi. Penso alla famiglia al mare e mi dico: “Disegno un marinaio”. Così è nato Capitan Trinchetto».

Chi dava voce ai personaggi? Attori noti?

«La voce del vigile “Concilia” era di Virgilio Savona, del Quartetto Cetra. Fantastico, tra tutti, era Alighiero Noschese. Per registrare uno spot, impiegavamo un paio d’ore. Lui arrivava in studio e cominciava a chiacchierare. Andava avanti a farci ridere per un’ora. Infine, diceva: “Ora si incide”. In dieci minuti tutto era fatto, non sbagliava una battuta».

La stessa velocità e bravura che ha lei, ancora oggi, con la matita...

«Mio padre aveva una piccola azienda. Avrebbe voluto che io la portassi avanti. Invece, andavo là e disegnavo sui muri. A scuola, poi, disegnavo omini persino sul colletto bianco del compagno del banco davanti. Credo che non smetterò mai di disegnare».