PHOTO
Milano è un ricettacolo di storie, vite e intersezioni che si perdono nell’assordante rumore del traffico, nel brusio delle metropolitane, tra gli enormi viali che intersecano la città. Storie che non vengono raccontate e che muoiono con la luce del giorno. L’Associazione Teatri Possibili in collaborazione con la Compagnia Corrado d’Elia, la Cooperativa Minotauro, il Villaggio Barona e la Fondazione Cassoni ha deciso di prestare orecchio e palcoscenico a tutte quelle vite lontane dai riflettori, ai margini delle storie ufficiali e che raccontano di una realtà fatta spesso di difficoltà, sofferenze, traumi: «Milano è molto vasta, ha tanti quartieri in cui è più difficile l'aggregazione sociale e quindi anche trovare un momento di dialogo in cui si possa parlare delle proprie difficoltà, delle proprie fragilità risulta quasi impossibile», racconta Claudia Negrin, direttrice di Teatri Possibili. «Questo crea dei mondi nell'ombra che si trasformano poi in problemi di vita, di relazioni quotidiane, di non superamento dei traumi».
Da qui il progetto Le storie che (non) raccontiamo, che si propone di raccogliere le storie di chiunque abbia voglia di riscattare il proprio spazio d’ascolto, in particolar modo quelle provenienti dal Municipio 4 e dal Municipio 6 di Milano.
Teatri Possibili ha quindi creato un apposito sito dove chiunque voglia possa scrivere la propria storia, in anonimato o lasciando il proprio nome. E non solo: sono stati anche creati sportelli gratuiti per coloro che vivono quella storia come problema o difficoltà presente. I racconti diventeranno poi materiale di analisi drammaturgica e teatrale nei laboratori gratuiti di drammaturgia e di interpretazione del testo, tenuti rispettivamente da Tommaso Fermariello e Laura Angelone nei prossimi mesi e aperti a tutti coloro che vogliano partecipare.
«Sono modi per imparare a raccontarsi, perché quando si capisce dove e come anche il proprio corpo può raccontare qualcosa, poi lo si mette in pratica anche quando si parla, andando in posta, al supermercato. È un nuovo modo per vivere le relazioni quotidiane», conclude Negrin. Rientrano nel progetto anche due spettacoli, che fungono da esempio su come si possa lavorare sulle storie e come possano diventare catarsi collettiva: Bullet Catch, andato in scena lo scorso 25 ottobre, usa l’espediente dell’illusionismo (Bullet Catch è la pratica per cui un mago cattura un proiettile con la mano o con i denti) per capire come ogni giorno siamo noi a dare in mano agli altri la possibilità di spararci, di ferirci. Circe, in scena venerdì 5 novembre al Politeatro di Milano, evoca invece la figura contraddittoria della maga ingannatrice, confinata nell’isola greca di Eea perché diversa, pericolosa. Nella riscrittura di Corrado d’Elia e di Chiara Salvucci, Circe diventa paradigma di riscatto, di indipendenza femminile e di ribaltamento delle prospettive di genere.
I prezzi degli spettacoli saranno calmierati proprio per permettere a tutti l’accesso. Inoltre, sono previsti anche due convegni: il 5 novembre, condotto dalla psicologa e psicoterapeuta Alessia Lanzi, si terrà “La fragilità è negli occhi di chi guarda: una nuova prospettiva per comprendere i nostri adolescenti”, che esplorerà il mondo dell’adolescenza e suggerirà approcci e possibili letture delle fragilità e del dolore dei ragazzi di oggi. Il 13 novembre invece avrà luogo “ll nuovo ruolo degli adulti nell’epoca della complessità” dove, in dialogo con la psicologa e psicoterapeuta Anna Arcari, si indagherà il ruolo genitoriale nel complesso mondo post pandemico.



