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Un clown che guarda a Scorsese, alla New Hollywood, al mitico Re per una notte con Jerry Lewis e Robert De Niro. Non un cinecomic, un fumetto portato sullo schermo, ma molto di più. In una parola: Joker, la nemesi di Batman, qui alla sua rifondazione. Siamo lontani da quello incarnato da Jack Nicholson (Batman) o da Heath Ledger (Il cavaliere oscuro). Joaquin Phoenix, ai suoi massimi, presta il volto ad Arthur Fleck, un uomo malato, che non riesce a controllare la sua risata.
Vorrebbe far divertire, essere un pagliaccio di professione. Ma la società lo rigetta, risponde con violenza alla sua costante ricerca della felicità. Fleck è prima vittima, poi carnefice. In una Gotham fumosa, sporca, dove non c’è pietà per gli ultimi. Così Joker, nella sua follia, si trasforma in un simbolo politico. I poveri si ribellano contro i ricchi, regna il caos, la rivoluzione, la lotta di classe. Il regista Todd Phillips canalizza il delirio della trilogia di Una notte da leoni e lo riversa per le strade di Gotham. Riiflettendo sul senso di colpa, sugli affetti, sui legami che si spezzano per l’intransigenza del mondo esterno. Il suo Joker segue la parabola di un supereroe: trauma, presa di coscienza del “potere” e azione. Per poi perdersi nei meandri della mente, rivoltarsi contro i suoi idoli. Si muove al confine tra realtà e finzione, tra verità e menzogna. E si commuove davanti a Charlie Chaplin e Fred Astaire. Un film sorprendente, inaspettato, Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia.



