Abbastanza prevedibile la vittoria di La zona di interesse dell'Oscar come  Miglior film in lingua straniera. Prevedibile ma del tutto condivisibile, perché si tratta di un film che torna sul tema dell’Olocausto in una chiave diversa, non focalizzandosi sulle vittime, ma sui carnefici mostrando davvero quella che Hanna Arendt defintà "la banalità del male". E accendendo anche la curiosità sulla vera storia di questa coppia spietata e brutale, il comandante di Auschwitz Rudolph Höss  e la moglie  Hedwig Hensel che  per quattro anni vissero e crebbero i loro cinque vigli in una villetta con un giardino  piscina a ridosso della cinta muraria del campo di sterminio in cui morirono tre milioni di persone. 



Rudolf Höss  nacque il 25 novembre 1901  a Baden-Baden, in Germania, in una famiglia di ferventi cattolici, il padre sperava addirittura che Rudolf diventasse sacerdote, ma il suoi obiettivi erano bene altri, tanto che a quindici si arruolò nell'esercito tedesco e a diciassette era già il sottufficiale più giovane decorato con la Croce di ferro dopo essere stato ferito in varie occasioni. Dopo la fine della Prima guerra mondiale si unì a dei gruppi paramilitari a carattere fortemente nazionalista e anticomunista, i Freikorps. Nel 1922, dopo aver ascoltato un discorso di Adolf Hitler, aderì al Partito nazista. Per un’azione particolarmente crudele e gratuita commessa come capo di una banda dei Freikorps  fu condannato  a dieci anni di carcere. Dopo cinque anni di pena Höss fu liberato per un'amnistia generale. Il 17 agosto 1929 sposò, Hedwig Hensel , anch’essa nazista convinta. 
Il primo aprile 1934 Höss si unì alle SS ed entrò  nelle Unità testa di morto, incaricate di gestire i campi di concentramento. A Dachau si distinse per la sua efficienza. Nel 1938 Höss fu nominato Hauptscharführer (capitano) e divenne l'aiutante di Hermann Baranowski presso il campo di Sachsenhausen, a Brandeburgo. Presto le sue qualità gli valsero una promozione e il primo maggio 1940 fu nominato comandante di quello che era un piccolo campo in Polonia, e che poi diventerà il luogo principale dello sterminio degli ebrei, e non solo: Auschwitz. Era un luogo ideale per il suo facile accesso ferroviario. Durante i lavori di allargamento del campo furono installate le camere a gas camuffate da docce che permettevano di uccidere duemila persone alla volta. Ogni giorno vi arrivavano due o tre treni carichi di migliaia di prigionieri. Quelli che erano considerati adatti al lavoro venivano trasferiti in baracche e quelli che venivano dichiarati inadatti erano mandati direttamente nelle camere a gas. Per poter mantenere un tasso di omicidi più "efficiente" furono costruiti dei crematori, in modo da eliminare più rapidamente i cadaveri. Queste le parole di Hoss durante il processo alla fine della guerra: «L'assassinio in sé era la parte che prendeva meno tempo. Potevamo farne fuori duemila in mezz'ora, ma era bruciarli che richiedeva tempo. L'uccisione era facile, non c'era neanche bisogno di guardie per portarli nelle camere: semplicemente ci entravano pensando di fare una doccia e, invece dell'acqua, usciva il gas velenoso. Era tutto molto rapido». Nel maggio del 1944 dopo un periodo di allontanamento dal campo (probabilmente perché accusato di appropriazioni indebite e una relazione con una prigioniera) tornò per supervisionare il trasferimento di 430mila ebrei ungheresi ad Auschwitz per eliminarli. 
 



Negli ultimi giorni di guerra, quando ormai tutto era perduto, Himmler consigliò a Höss di nascondersi tra il personale del campo per evitare di essere arrestato. Höss si tavestì da giardiniere sotto falso nome (Rudolf Lang), Catturato nei giorni immediatamente successivi al termine del conflitto dalle forze inglesi, Höss fu rinchiuso in un campo di prigionia per uomini delle SS, ma chi l'aveva catturato non si accorse della sua reale identità e presto venne rilasciato, trovando lavoro in un'azienda agricola nei pressi di Flensburg.
Per i successivi otto mesi le autorità britanniche cercarono di risalire a Höss attraverso la famiglia, che venne tenuta sotto stretto controllo. L'11 marzo 1946 la moglie rivelò dove si nascondeva il marito. Höss  fu catturato, aveva una capsula di cianuro con sé ma non potè suicidarsi perché si era rotta pochi giorni prima.
Dapprima fu chiamato a testimoniare durante il processo di Norimberga per la difesa di Ernst Kaltenbrunner, comandante della Gestapo e superiore diretto di Eichmann, l'organizzatore dell'Olocausto. Poi Il 25 maggio 1946, fu trasferito in Polonia per rispondere in giudizio dei crimini che aveva commesso ad Auschwitz e venne imprigionato a Cracovia. La Corte Suprema di Varsavia lo giudicò colpevole e la condanna a morte mediante impiccagione fu eseguita il 16 aprile 1947 davanti all'ingresso del crematorio di Auschwitz; In seguito il corpo venne cremato e le ceneri vennero sparse in un bosco vicino al campo di Auschwitz.
Durante la prigionia in Polonia scrisse un memoriale autobiografico pubblicato postumo nel 1958 con il titolo di Comandante ad Auschwitz. Nelle sue memorie egli si dipinge come un soldato con un alto senso del dovere che aveva eseguito solamente degli ordini. 




La sua famiglia continuò a negare le colpe di Rudolf celebrando la sua memoria come quella di un "eroe" morto in guerra avendo compiuto soltanto il proprio dovere Solo il nipote Il nipote Rainer Höss si dissociò pubblicamente dal nonno morto venti anni prima della sua nascita impegnandosi in prima persona in iniziative e incontri pubblici in memoria delle vittime dell'Olocausto. Nel 2011 uno dei protagonisti del documentario Hitler's Children e autore nel 2013 del libro Das Erbe des Kommandanten (Berlin: Belleville, 2013).. Il 27 gennaio 2015 Rainer è stato tra gli invitati alla cerimonia commemorativa per il settantesimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz. Nel giugno 2015 anche Ingebirgitt Hannah Hösse, una delle figlie di Rudolf e zia di Rainer, ha deciso di rompere il lungo silenzio con un'intervista.