Ornella Vanoni è stata molto più di una cantante e di un’icona: è stata un modo di stare al mondo. Una voce inconfondibile, unica nel panorama italiano, che dagli anni Cinquanta in poi ha attraversato stagioni, mode, rivoluzioni culturali con l’estro e la genialità dei grandi artisti.

È stata anche un’attrice, un’interprete raffinata e ironica, capace di attraversare generi, dalle celeberrime “canzoni della mala” alle melodie pop, dal jazz alla bossa nova. Nel corso di una carriera durata quasi settant’anni, ha pubblicato oltre cento lavori tra album, raccolte ed EP, vendendo decine di milioni di dischi.

Era nata a Milano, città che amava e negli ultimi tempi non capiva più, il 22 settembre 1934. Il suo viaggio artistico comincia al Piccolo Teatro, sotto la guida di Giorgio Strehler, con cui ebbe un’appassionata storia d’amore: «L’amore», aveva raccontato in diverse interviste, «l’ho scoperto con Giorgio. Prima non sapevo cosa fosse. Quando lui mi disse “ti amo da impazzire”, fu come se si fosse rotto il carapace dentro cui ero imprigionata. Pensai: voglio stare con lui. Mi sentivo davvero amata alla follia; ed essere amate alla follia è bellissimo. Anche se Giorgio all’inizio era molto timido».

Il palcoscenico la affina, la forgia, le dà quel senso della parola che userà per tutta la vita. Poi la musica: gli anni dei primi successi, dei brani che diventeranno un pezzo importante della storia della musica leggera italiana: Senza fine, L’appuntamento, Che cosa c’è, La musica è finita. Canzoni che sono entrate nell’immaginario collettivo e continuano ad affascinare le nuove generazioni. Al suo fianco scorrono figure decisive della cultura italiana e internazionale: Gino Paoli, con cui ha avuto un’altra storia d’amore («Se l’amore si misura a sofferenza, a patimento, a mancanza, a sensazione di urgenza permanente, be’, il grande amore della mia vita è stato Gino»), Vinícius de Moraes e Toquinho, Luigi Tenco, Giorgio Gaber. Le sue interpretazioni, eleganti e profonde, la rendono una delle grandi signore della nostra canzone.

Ornella Vanoni se n’è andata venerdì sera, a 91 anni, nella piccola casa in centro a Milano dove viveva tra le opere dei suoi amici artisti: Melotti, Novelli, Enzo Cucchi, Arnaldo Pomodoro.

Nel suo libro di memorie scritto con Pacifico, Vincente o perdente (La Nave di Teseo), uscito la scorsa primavera, e nelle interviste più recenti, Vanoni aveva raccontato la propria storia senza sconti. L’infanzia segnata dalla guerra, la solitudine (era figlia unica di una famiglia borghese), i suoi inseparabili gattini: elementi che hanno lasciato un’impronta profonda nella sua sensibilità. Non ha mai nascosto la fragilità, anzi l’ha sempre considerata una parte della verità della vita.

«La nostalgia può far morire di dolore», confessava con la lucidità di chi ha vissuto tutto con intensità. Eppure non c’era amarezza nelle sue parole: c’era consapevolezza. Una forma di sincerità interiore che è quasi una forma di umiltà: il coraggio di guardarsi dentro senza paura.

Negli ultimi anni, Ornella parlava della morte che aveva soprannominato “la musona” con una naturalezza che colpiva profondamente. Non la rimuoveva, non la temeva. «Alla mia età», diceva, «la morte la pensi vicina, ma senza ansia». La considerava un passaggio inevitabile, parte della vita, e proprio per questo non voleva trasformarla in un tabù.

In diverse interviste aveva parlato anche della sua fede: «Sì, credo molto in Gesù. Però la fede, la preghiera ti sostengono in vita. Davanti al Mistero siamo tutti impreparati, impauriti, spiazzati. Il cardinale Martini, che quando incontrai mi mise soggezione con la sua intelligenza e il suo sguardo penetrante, diceva: “La mia fede è forte ma sono un uomo, e ho paura”. Immagino mio padre davanti al Mistero senza più il cappottone addosso che può finalmente chiedere aiuto. Io invece mi toglierò con cura le scarpe, ripiego abiti colorati e foulard. E, con la tremarella, tiro fuori il più furbetto dei sorrisi».

Ornella se ne è andata come ha vissuto: senza maschere, senza paura, con il desiderio di lasciare un segno di verità. E le sue canzoni non smetteranno di accompagnarci.
(Foto Ansa)