Nell’82° anniversario dell’8 settembre 1943, Milano si ferma a ricordare. Alle ore 18,30 di oggi, 8 settembre, tra i corridoi e i binari della Stazione Centrale, simbolo di partenza e di addii, prende vita lo spettacolo I luoghi della Memoria, che intreccia memoria, storia e arte: un percorso teatrale itinerante che conduce gli spettatori nei luoghi stessi dove centinaia di milanesi furono caricati sui vagoni merci, destinati ai campi di concentramento e allo sterminio. L’idea nasce da Stefania Consenti, ispirata dal suo libro Luoghi della Memoria di Milano, e trova forma nella messa in scena di Castagna Ravelli, con la regia di Paolo Castagna. Gli spettatori, seguendo un percorso attentamente studiato, si muovono tra gli ambienti della stazione, testimoniando il silenzio e la solitudine di quei sotterranei da cui molti partirono per non fare più ritorno. La scena si apre con un prologo a cura della Fondazione Memoriale della Shoah, che contestualizza storicamente gli eventi, collegando il gesto della resistenza armata contro il nazifascismo al dramma delle deportazioni.
Il percorso teatrale alterna narrazione, recitazione e musica. Attrici e attori del Piccolo Teatro danno voce alle testimonianze dei sopravvissuti, riportando in vita ricordi, paura, coraggio e resistenza. Le musiche, eseguite dagli artisti del Conservatorio, accompagnano il pubblico, rendendo l’esperienza ancora più immersiva. L’itinerario culmina all’interno di uno dei vagoni storici, dove i prigionieri venivano stipati e trasportati verso un destino di morte: un luogo fisico, reale, che trasmette l’orrore della storia senza bisogno di retorica.
Questo spettacolo, che restituisce voce e dignità a chi partì da lì senza fare ritorno, non è solo ricordo: è un invito alla riflessione. Il pubblico attraversa simbolicamente la memoria, osserva i luoghi che furono teatro di sofferenza e comprende l’importanza della resistenza, del coraggio civile e della testimonianza. In un mondo dove la storia rischia di essere dimenticata o banalizzata, esperienze come questa ci ricordano quanto sia fondamentale conservare la memoria attiva.



Sul sito del Piccolo Teatro di Milano, fondato nel 1947 da Paolo Grassi e Giorgio Strehler, simbolo di rigenerazione culturale e civile, che si collega idealmente ai valori della Resistenza, è scritto: “sovente si tende a sottovalutare la portata della Resistenza, della deportazione politica e della Shoah sul territorio italiano. È di fondamentale importanza ricordare che le leggi razziali emanate dal governo fascista e di cui ricorre quest’anno l’ottantasettesimo anniversario (1938-2025), la retata organizzata dalle SS a Roma il 16 ottobre del 1943, quel che accadde nel biennio 1943-1945 (dopo l’8 settembre e prima della fine della guerra) ebbero conseguenze gravissime per la comunità ebraica italiana. La repressione nazifascista, dopo l’8 settembre 1943, colpì duramente migliaia di oppositori politici e lavoratori. Nelle grandi fabbriche di Milano, Sesto San Giovanni e della provincia, centinaia di lavoratori e di oppositori politici furono arrestati e deportati in seguito allo sciopero generale del marzo 1944”. 
Il Memoriale della Shoah di Milano, il luogo della Memoria, è nato intorno al binario 21, simbolo della Shoah in Italia e della deportazione politica e operaia.  Lo spettacolo nasce e si svolge in questo luogo perché, come spiega Ferruccio De Bortoli, presidente onorario della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, “il ricordo è un esercizio salutare: apre la mente e i cuori... è protezione dalle suggestioni ideologiche, dalle ondate di odio e sospetti. La memoria è il vaccino culturale che ci rende immuni dai batteri dell’antisemitismo e del razzismo”.
La Stazione Centrale, con i suoi vagoni e i corridoi silenziosi, diventa così non solo teatro, ma custode della memoria. Lo spettacolo lascia una scia di emozione profonda: la storia dei deportati diventa esperienza condivisa, il dolore si trasforma in coscienza collettiva. Uscendo da quei corridoi, lo spettatore porta con sé una domanda che non si dissolve perché ricordare on è mai solo guardare indietro, ma interrogare il nostro presente: cosa faremo, oggi, per difendere la dignità umana e impedire che simili orrori si ripetano?