La serie Tv I leoni di Sicilia da stasera è in onda su Disney+. L'autrice della fortunatissima saga, la siciliana Stefania Auci, che vive a Palermo con marito e due figli  e che di mestiere fa l’insegnante di sostegno, ci racconta come ha vissuto il successo del suo libro. 

Come ha vissuto questo momento magico?

«In parte ne sono stordita, ma cerco di tenere i piedi per terra, e per questo motivo continuo a insegnare, un po’ perché mi piace, un po’ perché il successo è effimero. Stavolta il vento ha girato a mio favore, ma poi chissà».

Quando si è imbattuta per la prima volta nella storia della famiglia Florio?                                                                                                               

Sono nata a Trapani e chi è di lì non può non imbattersi nel nome dei Florio. La loro presenza è ovunque. In particolare, nell’isola di Favignana il loro palazzetto e la tonnara sono le prime cose che si vedono. Della loro vicenda mi interessava soprattutto la dimensione imprenditoriale così innovativa per il Sud e per l’Italia in generale. Dopo che i due fratelli Ignazio e Paolo, poverissimi, erano arrivati a Messina da Bagnara Calabra, avevano aperto un negozio di spezie; grazie alle capacità di Ignazio e poi di suo nipote Vincenzo si sono arricchiti diversificando le loro attività. Scoprirono un nuovo modo per conservare sottolio il tonno, idearono il famoso vino liquoroso Marsala, avevano numerose zolfatare, sono diventati proprietari di una flotta di piroscafi e possedevano anche gli scali dove poterli riparare. E la loro vicenda è andata avanti per un secolo e mezzo. L’unico riferimento di famiglia con queste caratteristiche che mi viene in mente è quella dei Lehman, o in un certo senso gli Agnelli».

Lei ha dovuto svolgere un grande lavoro di ricerca.

«Innanzitutto, ho avuto due grandi romanzi siciliani di riferimento: Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e I viceré di Federico De Roberto. Poi sono andata a spulciare negli archivi, ho letto tanti articoli. Sul piano della storia dell’economia non ho trovato molto, ma ho avuto la fortuna di rivolgermi al professor Rosario Lentini, un’autorità in materia, dotato di generosità intellettuale e di grandissima umanità».

Quali sono gli elementi di invenzione della sua storia?

«Quello che volevo scrivere era un romanzo, non un saggio, e quindi ci sono parti di pura invenzione. Soprattutto nel delineare la personalità dei miei personaggi, i loro sentimenti. Per esempio è frutto della mia immaginazione che Ignazio fosse segretamente innamorato della moglie di suo fratello e che anche dopo la morte di Paolo non abbia mai avuto il coraggio di dichiararsi. Mi è piaciuto approfondire la figura di alcune donne libere, come Giulia, figlia di borghesi settentrionali che accetta, contro il volere della famiglia, di diventare l’amante di Vincenzo e di dargli tre figli prima che lui si decida a sposarla; oppure la nobildonna Alessandra Spadafora, che dopo essere rimasta vedova sceglie di diventare la compagna dell’imprenditore inglese Benjamin, colui che ha avuto un ruolo chiave nell’educazione di Vincenzo Florio».

Ha avuto contatti con qualche discendente della famiglia? Che commenti hanno fatto al romanzo?

«L’ultima discendente della famiglia è donna Costanza Afan  de Rivera, nipote di Ignazio junior e Franca Florio. Quando ha letto il romanzo è rimasta spiazzata da certe mie scelte che non coincidevano con i ricordi di famiglia, ma poi si è riconciliata con la mia storia».

E il secondo romanzo della dilogia a che punto è?

«Ci sto faticosamente lavorando. In questo caso c’è tantissimo materiale. Racconterò la continua ascesa dei Florio, ma anche le dolorose vicende personali, come la morte precoce di tre dei figli di Ignazio junior (nipote di Vincenzo, ndr). E poi ci sarà la figura carismatica di Franca, la moglie di Ignazio junior, baronessa e regina dei salotti culturali durante la Belle Époque siciliana»

Lei ha scritto un saggio dal titolo La cattiva scuola. Quali ricette suggerisce per una buona scuola?

«Prima di tutto classi meno numerose, che renderebbero l’insegnamento più efficace. Poi io inserirei la filosofia per tutti a partire dalle medie: apre la mente. E poi una riqualificazione dell’edilizia scolastica, con aule spaziose e luminose».