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Alla mia età, ho 82 anni, speravo che ci fosse maggiore consapevolezza da parte dei ragazzi nel loro rapporto con il mondo femminile.
Mi accorgo, invece, che non solo non c’è più quella che ai miei tempi si chiamava “cavalleria”, cioè cortesia e protezione verso le ragazze. Ma non vale neanche più il detto “una donna non si tocca nemmeno con un fiore”.
Basta vedere quante violenze e femminicidi.
ITALO
Caro Italo, la tua lettera mi porta a due riflessioni.
La prima, più generale, è che forse nemmeno un tempo, quando si dicevano le cose che hai ricordato, gli atteggiamenti concreti verso le donne corrispondevano a quanto si sosteneva. Forse in nessun’altra situazione, come nei confronti del genere femminile, la distanza tra il dire e il fare è stata così enorme. Sia fuori che dentro il mondo cattolico.
La seconda, più attinente a questa rubrica, riguarda il livello della riflessione sull’amore che abbiamo sviluppato.
Il mondo è cambiato, ma pensiamo che valga ancora il pensiero idealizzato e semplificato dell’amore come sentimento totale che riempie il cuore e porta gli innamorati fuori dallo spazio e dal tempo. Come se l’amore non fosse un processo di avvicinamento reciproco, che richiede impegno e rispetto dei limiti.
Io sono tua, tu sei mia: sono frasi ingannevoli. Non siamo neppure padroni di noi stessi, non possiamo arrogarci il diritto di esserlo di qualcun altro.
Anche nell’unione più intima c’è una distanza di rispetto. Le parole che usiamo, i gesti che compiamo, le scelte che facciamo (l’uso del denaro, la destinazione del tempo, la frequentazione delle persone, i rapporti con le famiglie): tutto deve avere una misura e un limite, che vanno costruiti insieme nella coppia.
Se non aiutiamo i ragazzi a capire queste cose, si apre la strada a ogni esito. Anche a quelli più violenti e distruttivi.



