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Cara professoressa, mia figlia Matilde frequenta il secondo anno del liceo scientifico. Da pochi giorni è rientrata da una gita abbastanza turbolenta. I professori erano ben contenti di accompagnare la classe, ma al rientro sono apparsi dispiaciuti e pentiti: i ragazzi non si sono comportati al meglio. I docenti hanno convocato tutti i genitori e ci hanno spiegato che i comportamenti spropositati e fuori luogo tenuti in gita sono attribuibili solo ad alcuni alunni, ma che tutti i ragazzi saranno considerati ugualmente responsabili perché hanno visto e sono rimasti in silenzio, hanno coperto le malefatte senza reagire. Francamente non mi sembra corretto né educativo che paghino tutti per le colpe di qualcuno, che anche mia figlia, da sempre diligente ed educata, riceva un richiamo collettivo.
CONCETTA
— Cara Concetta, capisco le tue ragioni e l’amarezza che hai nel vedere tua figlia punita per le malefatte personalmente commesse da altri. Al di qua della cattedra, però, la vicenda assume un altro colore. L’obiettivo della scuola è anche quello di educare onesti cittadini, persone in grado di distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra ciò che si può e ciò che non si può fare. Tu sei certa che tua figlia, diligente ed educata, abbia raggiunto questa consapevolezza: quindi, ti chiedi, perché punirla? E nella lettera prosegui: «Dopo aver preso coscienza di un’azione errata, come si può chiedere a un quindicenne di accusare un proprio amico con il rischio di ferire qualcuno cui si è legati o, peggio, di essere poi giudicati da tutti delle spie? Se un professore pensasse possibile una reazione da parte della classe sarebbe quantomeno un ingenuo». In realtà ogni docente ha chiaro in mente il ruolo che il gruppo ha nella vita di un adolescente. Soprattutto comprende quanta forza ci voglia nel riuscire a mantenersi individui anche all’interno di una collettività, nell’affermare la propria opinione anche quando è contraria a quella degli altri. È difficile per gli adulti, figuriamoci per chi è in formazione e non ha ancora ben chiari i contorni della propria identità. Ma la scuola, come la famiglia, non deve forse educare al coraggio? Non deve sostenere e stimolare la crescita? Anche se ogni docente sa perfettamente chi ha davanti – dimostra magari dispiacere e delusione ma non è per niente sorpreso da alcuni comportamenti, ti assicuro – non ha forse il dovere educativo di chiamare omertà alcune mancate reazioni? Di punire chi non ha denunciato pur avendo visto? È difficile per tutti compromettere la propria tranquillità in nome dell’onestà, girarsi dall’altra parte è comodo. Ma perché un domani non si scelga la fuga davanti a un’ingiustizia che compare sotto gli occhi occorre, goccia dopo goccia, lavorare oggi.



