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Ho pranzato con i miei genitori, sembravano due cocorite che si beccavano, come hanno sempre fatto. Mia madre rinfacciava a mio padre i suoi fallimenti lavorativi. Lui diceva che ci aveva almeno tentato, invece che stare seduto sul divano come lei. Entrambi aspettavano il mio sostegno. In realtà, di me nemmeno si accorgevano: ho messo su famiglia, ho un bel lavoro… che devo fare ancora?
Alberto
Proprio niente, è una vita che giocano al triste gioco del chi vince e chi perde. Ormai lo sai, eppure nella tua lettera mi racconti che sei pieno di rabbia, di desiderio di rivalsa. Sono i sentimenti del ragazzino che è vissuto in una famiglia conflittuale e che ha sempre “sognato” di cambiare i genitori, di trovarli diversi, rinsaviti, in pace. Sogni, appunto. E mi chiedi: ma vale la pena andare a trovarli e di fronte ai loro conflitti non sapere cosa fare? Sì, vale la pena. Anche se sai a memoria le colpe che si buttano reciprocamente addosso, all’alba dei settant’anni! Le imprese di tuo padre più grandi di lui, tua mamma non faceva che rinfacciargli tutti i consigli che gli aveva dato... E tu che puoi fare? Niente. Porti solo te stesso e la testimonianza che non ti sei lasciato “sedurre” dal volerti trasformare in partigiano dell’uno o dell’altra. Hai una famiglia, tu e tua moglie vi volete bene, avete due figli piccoli e hai un lavoro sicuro! Ebbene, hai già fatto il massimo: stai loro mostrando che si può vivere diversamente! Ma non andare oltre, non spetta a te cambiarli, spetta alla vita. Se puoi, quando arrivi a pranzo con la tua famiglia, loda la cucina di tua madre e magari un oggetto fatto da tuo padre, “dilettante falegname”. Ma non pretendere di cambiarli! Ti sei accorto che dal loro legame è spuntato un frutto buono, che sei tu?


