Siamo genitori di due figlie alle soglie della preadolescenza.

La nostra vita in famiglia è nutriente e ricca di tante belle cose, però io vivo una grande difficoltà rispetto all’atteggiamento che mio marito mette in atto quando vuole disciplinare le due figlie. Io vedo che lui si comporta con molta durezza e arriva anche ad umiliarle e spaventarle. Mi si ghiaccia il sangue quando lo vedo cambiare espressione e alzare la voce, perché sento che è davvero “troppo”. Oltretutto si attiva così tanto per cose che non sono di grande rilievo, con una evidente sproporzione tra l’azione delle bambine e la sua reazione.

Fatica moltissimo a manifestare loro affetto, complicità e simpatia. E mi rendo conto che sta facendo, probabilmente, le stesse cose che suo papà – uomo severissimo, gran lavoratore e venuto a mancare due anni fa – ha fatto con lui. Come si può porre rimedio a questa situazione che – lo sento nel profondo – fa male alle nostre bambine e mi sta anche allontanando – almeno in parte – da lui?

BEATRICE

Cara Beatrice, la tua lettera è importante perché aiuta tutti i genitori che ci leggono a riflettere su quanta differenza esista tra fermezza e durezza nell’educazione.

Essere fermi di fronte a un figlio che ha bisogno di essere corretto per un suo sbaglio, implica che il genitore rimanga però tranquillo, utilizzi parole comprensibili che aiutino a comprendere la motivazione che giustifica l’intervento educativo e correttivo.

Essere duri, invece, è ciò che fa tuo marito con le vostre figlie. La durezza comporta insensibilità, ovvero l’impossibilità di sintonizzarsi emotivamente con chi ti tratta in quel modo. Il genitore “duro” spesso usa parole umilianti, che non aiutano un figlio a capire il suo sbaglio, ma che al contrario servono a farlo sentire sbagliato.

La pedagogia nera, molto in voga nel 1700 e nel 1800, aveva esaltato i metodi coercitivi e spaventanti, capaci di generare vergogna nel soggetto da educare, per poi rivelarne tutti i limiti. Perché nell’esperienza della vergogna quello che un figlio impara è semplicemente la paura verso l’adulto che lo umilia, sviluppando ansia e un senso di inadeguatezza che può trasformarsi anche in scarsa autostima.

Hai ragione tu quando scrivi che questo modo di fare di tuo marito non va bene, fa soffrire le tue figlie e fa soffrire anche te come mamma. È importante che ne parliate con il vostro pediatra e che chiediate aiuto a un consultorio familiare del vostro territorio.

Probabilmente, come scrivi tu, tuo marito sta rimettendo sulla scena della sua genitorialità un’esperienza che ha vissuto anche lui come figlio del suo papà. Questi sono quelli che Daniel Siegel chiama gli Errori da non ripetere in un bellissimo libro (Cortina editore) che vi consiglio di leggere.


Il libro consigliato da Alberto Pellai