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Cara prof, sono rimasta molto colpita e preoccupata dalla notizia del giovane studente che si è tolto la vita in provincia di Latina. Nonostante la famiglia avesse chiesto aiuto e denunciato più volte gli episodi di bullismo alla scuola, non è stato fatto nulla. La mia domanda è: come è stato possibile?
GIULIA
Carissima Giulia, capisco e condivido la tua preoccupazione. Quello che è accaduto è terribile, un ennesimo campanello d’allarme che interroga tutti noi insegnanti e genitori. Come comunità scolastica dobbiamo imparare a riconoscere subito i segnali di disagio, ad ascoltare senza minimizzare e ad agire con tempestività. Se davvero le richieste e le denunce della famiglia sono state sminuite o, peggio, ignorate, sarebbe gravissimo.Saranno però gli ispettori del Ministero e la magistratura ad accertarlo.
La domanda che mi pongo come docente è se gli strumenti che abbiamo a disposizione per contrastare situazioni così gravi e angosciose siano davvero sufficienti e, soprattutto, efficaci. Attivare una commissione contro il bullismo, un protocollo e tutte le procedure previste dalla legge è fondamentale, ma rischia di innescare meccanismi lunghi, complessi e burocratici, incapaci di mettere in atto con la necessaria tempestività processi virtuosi.
Di fronte a un ragazzo che soffre non servono carte: servono persone pronte ad assumersi responsabilità. La scuola deve ritrovare la sua funzione più autentica: essere una rete viva di cura, non un ufficio amministrativo. Deve essere un luogo in cui lo studente e la sua famiglia possano trovare accoglienza e risposte immediate. L’inerzia, purtroppo, rischia a volte di diventare complicità.
Questo ci dice quanto sia urgente formare chi lavora a contatto con i ragazzi a riconoscere i segnali di sofferenza e a intervenire subito, senza paura di “esagerare.”



