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GAETANO - Mi ha sorpreso la decisione del vescovo di Sanremo-Ventimiglia di rinunciare a padrini e madrine in occasione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
La decisione del vescovo di Sanremo-Ventimiglia, già presa anche da altri vescovi, potremmo definirla una scelta “disperata”. Infatti, nonostante tutte le norme giuridiche e le raccomandazioni pastorali, la figura dei padrini e madrine nella celebrazione dei primi due sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo e Cresima) ha perso da tempo il suo prezioso significato originario.
Fin dal II secolo, quando i battesimi erano soprattutto di adulti, il padrino era colui che presentava alla comunità cristiana la persona che desiderava diventare discepola di Cristo e che poi l’accompagnava durante la preparazione (cioè durante il tempo del catecumenato), costituendo per l’aspirante cristiano un concreto esempio di vita secondo il Vangelo. Questo padrino, cioè quasi-padre della nuova nascita nella fede, oltre a garantirne la preparazione soprattutto esistenziale, accompagnava il candidato al fonte battesimale, dopo l’immersione lo accoglieva fra le sue braccia a nome di tutta la comunità e lo conduceva davanti al vescovo per ricevere la cresima e partecipare subito per la prima volta alla mensa eucaristica.
Questo itinerario è descritto nei capitoli 15-21 della Tradizione apostolica di Ippolito, un documento che risale al 215 circa. Questo stesso documento riporta che per i bambini garantivano e rispondevano gli stessi genitori o, in mancanza di questi, qualcuno della famiglia. Con la generale diffusione del battesimo dei bambini, anche al di fuori del contesto comunitario della veglia pasquale, fra il VI e VII secolo, si trova accanto ai genitori anche un padrino o madrina che rappresentano la comunità e che in seguito diventeranno figura speculare dei genitori e, in caso di necessità, anche loro sostitutivi per la formazione cristiana dei loro figli spirituali.
Oggi, nella maggioranza dei casi, non sembra affatto che i padrini abbiano molto a che fare con questa figura che, senza pretese di perfezionismo, è chiamata a condurre «una vita conforme alla fede e all’incarico che assume» (can. 872 e 874). Sovente essi vengono scelti con criteri che hanno poco o nulla da spartire con la fede e la chiara testimonianza cristiana. Come ci ricorda continuamente papa Francesco, sta finendo del tutto il tempo della cosiddetta “cristianità”, quando l’essere cristiani sembrava essere un fatto scontato per essere nati in un luogo anziché in un altro. I sacramenti, in tanti casi ridotti a cerimonie di convenzione sociale, devono ritornare a essere scelte di convinzione, di testimonianza e di serietà, pur con tutte le fragilità umane. Essi sono chiamati a esprimere e ad alimentare una corretta immagine della fede e del cristiano.
I padrini sono importanti, anzi durante la celebrazione diventano segni del rito sacramentale, ma non sono indispensabili. Pertanto, considerata la situazione anomala, ogni persona seria e responsabile, e soprattutto ogni pastore, si chiede se continuare così o interrompere temporaneamente una prassi che non rende un buon servizio al Vangelo e alla Chiesa con il rischio di ridicolizzare i sacramenti stessi.



