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José Gregorio Hernández Cisneros, (1864-1919), il "medico dei poveri" venezuelano
José Gregorio Hernández Cisneros nacque il 26 ottobre 1864 a Isnotú, in Venezuela, secondo di sette figli di una famiglia profondamente cristiana. La madre, donna di grande bontà e fede, gli trasmise una solida formazione religiosa e un profondo senso di carità. Fin da giovane si distinse per intelligenza, virtù e devozione.
Dopo gli studi al Collegio Villegas di Caracas, si laureò brillantemente in medicina presso l’Università della capitale, dove si fece notare per la sua condotta morale e la fede sincera in un ambiente spesso materialista. Grazie alle sue doti, nel 1889 fu inviato a Parigi per perfezionarsi in microbiologia e fisiologia sperimentale. Lì si distinse non solo come studioso, ma anche per la purezza di vita. Tornato in patria, a soli 27 anni, fondò nuove cattedre universitarie e divenne un professore ammirato, sempre coerente nella fede: partecipava ogni giorno alla Messa, si faceva il segno della croce prima delle lezioni e apparteneva al Terz’Ordine Francescano.
Nell’esercizio della professione medica mostrò una carità straordinaria verso i poveri, curandoli gratuitamente e spesso aiutandoli economicamente — da cui il soprannome “il medico dei poveri”. Nel 1908, spinto da un forte desiderio di consacrazione, entrò nella Certosa di Farneta, in Toscana, prendendo il nome di fra Marcello, ma dovette rientrare in Venezuela per motivi di salute. Tentò anche di diventare sacerdote, ma le sue condizioni non glielo permisero.
Dopo un breve soggiorno a Roma nel 1913, tornò definitivamente in patria, dedicandosi con fede e dedizione alla medicina e all’insegnamento. Morì tragicamente il 29 giugno 1919, investito da un’auto mentre portava medicine a un malato.
La sua morte fu vissuta come una disgrazia nazionale, e già allora si diffuse la fama di santità. Il processo di beatificazione iniziò nel 1949 e proseguì fino al riconoscimento delle sue virtù eroiche da parte di san Giovanni Paolo II nel 1986. Il miracolo che portò alla beatificazione fu la guarigione inspiegabile, avvenuta nel 2017, di una bambina venezuelana colpita da un grave trauma cranico durante una rapina, guarigione attribuita alla sua intercessione.
Nel 2024 l’arcivescovo di Caracas e la Conferenza Episcopale Venezuelana hanno chiesto ufficialmente la canonizzazione, sostenuti da numerose lettere da tutto il mondo. La devozione verso Hernández Cisneros è infatti molto viva non solo in Venezuela, ma anche in altri paesi dell’America Latina e in Spagna. È venerato come esempio di medico cristiano, modello di carità e fede, patrono dei poveri e dei malati.
La Santa Sede ha riconosciuto la diffusione e la profondità del suo culto, sottolineando l’attualità della sua testimonianza di medico cattolico che viveva la professione come servizio al prossimo e atto d’amore eucaristico. I Cardinali e i Vescovi hanno espresso parere favorevole alla sua canonizzazione, riconoscendo in lui un segno di santità moderna e universale.


Peter To Rot (1912-1945), laico e catechista, primo santo della Papua Nuova Guinea
Peter To Rot nacque nel 1912 nel villaggio di Rakunai, sull’isola di New Britain (oggi Papua Nuova Guinea), trent’anni dopo l’arrivo dei primi missionari cattolici. Figlio di Angelo To Puia, capo tribale convertito al cristianesimo, e di Maria Ia Tumul, crebbe in una famiglia che apparteneva alla prima generazione di cristiani del paese.
Terzo di sei figli, Peter ricevette una solida formazione nella fede. A diciotto anni entrò nella scuola per catechisti e nel 1933 iniziò il suo ministero a Rakunai. A soli ventuno anni era già conosciuto per la sua bontà e dedizione.
Nel 1936 sposò Paula Ia Varpit, con la quale ebbe tre figli. Come catechista, si dedicò con zelo all’educazione religiosa e alla cura spirituale del suo popolo. Durante la Seconda guerra mondiale, nel 1942, l’occupazione giapponese della Nuova Britannia portò all’arresto dei missionari stranieri, lasciando le comunità cattoliche senza sacerdoti. In quel momento critico, Peter To Rot si fece carico della guida spirituale dei fedeli, continuando il suo apostolato nonostante i divieti.
Organizzò preghiere, battezzò, visitò malati, preparò coppie al matrimonio e distribuì la Comunione clandestinamente, arrivando a rischiare la vita per recuperare le ostie consacrate dai sacerdoti imprigionati. Nel 1944, i giapponesi, per ottenere il favore dei capi locali, legalizzarono la poligamia tradizionale, proibita dalla Chiesa. To Rot si oppose fermamente, difendendo la dignità del matrimonio cristiano come unione indissolubile tra un uomo e una donna.
Predicò con coraggio contro la poligamia, pur consapevole dei rischi, e si attirò l’odio delle autorità e di alcuni capi tribali. Arrestato più volte, fu imprigionato definitivamente nel 1945. Sapeva che la sua fedeltà al Vangelo lo avrebbe condotto alla morte. Alla moglie che lo supplicava di smettere, rispose: “Non impedirmi di fare il mio lavoro. È l’opera di Dio.”
Nella notte del 7 luglio 1945 fu ucciso in carcere da due medici giapponesi con un’iniezione letale: morì martire della fede e della famiglia cristiana. La sua tomba divenne subito meta di pellegrinaggi, e i fedeli vi scrissero: “To Rot. Martire della fede.” Nel 1952 il vicario apostolico di Rabaul avviò la prima indagine diocesana, ma la causa restò sospesa per decenni. Fu rilanciata negli anni ’80 e conclusa nel 1989.
Il 2 aprile 1993, san Giovanni Paolo II riconobbe ufficialmente il suo martirio, e lo beatificò il 17 gennaio 1995 a Port Moresby, durante la sua visita alla Papua Nuova Guinea.
Da allora la devozione verso il Beato Peter To Rot si è estesa ben oltre i confini del paese: scuole, cappelle, centri giovanili e oratori gli sono stati dedicati, e la sua figura è diventata simbolo di coraggio, purezza e fedeltà coniugale.
Nel gennaio 2024, i vescovi della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone hanno chiesto a papa Francesco di canonizzarlo senza richiedere un miracolo, riconoscendo in lui un autentico martire della fede e del matrimonio cristiano. La Positio super Canonizatione, presentata nel 2025, ha messo in luce la continuità della devozione popolare e i numerosi segni attribuiti alla sua intercessione.
Il 4 marzo 2025 i Cardinali e i Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi hanno espresso parere favorevole, e il 28 marzo 2025 papa Francesco ha approvato la canonizzazione di Peter To Rot, destinato a diventare il primo santo della Papua Nuova Guinea, testimone di fede incrollabile e difensore del matrimonio cristiano.


Ignazio Choukrallah Maloyan (1869-1915), arcivescovo armeno di Mardin (Turchia), martirizzato durante il genocidio armeno
Monsignor Ignazio Choukrallah Maloyan, Arcivescovo armeno cattolico di Mardin in Turchia, sua città natale, sparse il proprio sangue per amore di Cristo l'11 giugno 1915.
Nato il 15 aprile 1869, fu mandato in Libano, nel monastero di Bzoomar, per gli studi in preparazione all'ordinazione sacerdotale, che ricevette il giorno del Corpus Domini del 1896. Dopo un primo periodo di ministero sacerdotale in Egitto, fu designato Arcivescovo di Mardin e consacrato il 22 ottobre 1911.
Curò la formazione spirituale e pastorale dei sui preti, dedicò tempo a visitare i fedeli, riattivò scuole e fece ristrutturare chiese. Il 3 giugno 1915 l'Arcivescovo fu condotto in carcere, insieme a centinaia di altri uomini, e torturato sotto la falsa accusa di nascondere armi.
All'esplicita richiesta di farsi musulmano per essere liberato, rispose con un netto rifiuto. Portato nel luogo in cui si sarebbe consumato l'eccidio poté salutare per l'ultima volta i suoi fedeli: li esortò ad essere pronti a dare la vita per Cristo e, prendendo un po' di pane che riuscì a trovare, lo consacrò e lo distribuì a tutti loro come viatico.
All'ultima richiesta di convertirsi, pronunciò queste parole: "Considero lo spargimento del mio sangue in favore della mia fede il desiderio più dolce del mio cuore, perché so perfettamente che se sarò torturato per amore di Colui che è morto per me, sarò tra coloro che avranno gioia e beatitudine, e avrò ottenuto di vedere il mio Signore e mio Dio lassù". Il suo martirio avvenne nella festa del Sacro Cuore di Gesù. Il 7 ottobre 2001 San Giovanni Paolo II ne ha presieduto la beatificazione.


Vincenza Maria Poloni (1802-1855), fondatrice delle Suore della Misericordia di Verona
Luigia Francesca Maria Poloni nacque a Verona il 26 gennaio 1802, ultima di dodici figli di Gaetano Poloni, farmacista e droghiere, e di Margherita Biadego, di famiglia notarile. Crebbe in un ambiente profondamente cristiano, sensibile ai bisogni dei poveri e dei sofferenti.
Dopo la morte del padre nel 1822, assunse la guida della famiglia con grande maturità e spirito di fede. La sua vita prese una svolta decisiva grazie alla guida spirituale del Beato Carlo Steeb, che la orientò verso una dedizione totale al servizio della carità.
Durante la terribile epidemia di colera del 1836, Luigia si distinse per l’eroica assistenza agli ammalati, confermando la propria vocazione alla vita consacrata. Nel 1840, con tre compagne, si stabilì presso il Pio Ricovero di Verona, dando origine a quella che sarebbe divenuta la Congregazione delle Sorelle della Misericordia.
Nel 1848, con l’approvazione del vescovo di Verona, emise i voti religiosi assumendo il nome di Vincenza Maria. La spiritualità della nuova fondatrice era centrata sulla carità e sull’unione con Dio: la preghiera, la devozione all’Eucaristia e l’amore per il prossimo erano i pilastri della sua vita. Il suo motto, “Servire Cristo nei poveri”, sintetizzava la sua missione. Guidò le sue figlie spirituali a vedere in ogni persona bisognosa il volto di Cristo, promuovendo un servizio basato su umiltà, tenerezza e dedizione. L’Istituto, ispirato allo spirito di San Vincenzo de Paoli, si dedicò all’assistenza di poveri, malati e anziani, e crebbe rapidamente fino a diventare un faro di carità per tutta Verona.
Negli ultimi anni, Vincenza Maria affrontò gravi sofferenze fisiche, che accettò con fede come partecipazione alla passione di Cristo. Continuò a guidare con amore la Congregazione, raccomandando alle sue suore di mantenere sempre viva la carità come fondamento della loro vocazione. Morì l’11 novembre 1855, e fu sepolta nel cimitero comunale di Verona. I suoi resti, poi uniti a quelli di altre consorelle, non poterono più essere identificati.
Iter della causa di beatificazione e canonizzazione
La fama di santità di Vincenza Maria Poloni si diffuse subito dopo la sua morte. La causa di beatificazione venne avviata presso la diocesi di Verona nel 1990 e dichiarata valida nel 1993. Dopo l’esame della Positio, Papa Benedetto XVI riconobbe l’eroicità delle virtù il 28 aprile 2006. Per la beatificazione fu riconosciuto come miracolo la guarigione inspiegabile, avvenuta tra il 1937 e il 1939, di una religiosa delle Sorelle della Misericordia affetta da fibroma uterino, cisti ovariche e tumore maligno al seno. La guarigione fu rapida, completa e duratura, senza spiegazione medica. Il decreto sul miracolo fu promulgato il 17 dicembre 2007, e la beatificazione si tenne il 21 settembre 2008 a Verona, presieduta dal cardinale Angelo Amato. Per la canonizzazione è stato decisivo il miracolo riguardante la guarigione straordinaria di una donna cilena, Audelia Parra, avvenuta nel 2013, durante un complesso intervento chirurgico. Dopo una grave emorragia e numerose complicazioni post-operatorie, la donna guarì completamente e senza sequele, dopo che i familiari avevano invocato l’intercessione della Beata Vincenza Maria Poloni.
Eredità spirituale
La figura di Vincenza Maria Poloni rimane un esempio luminoso di carità vissuta in modo eroico. La sua vita testimonia l’amore per Dio tradotto in un servizio concreto ai malati e ai poveri. Oggi, l’Istituto delle Sorelle della Misericordia di Verona continua la sua missione in molte parti del mondo, diffondendo il suo messaggio di misericordia, solidarietà e speranza.


Carmen Rendíles Martínez (1903-1977), venezuelana, fondatrice della Congregazione delle Serve di Gesù
María Carmen Rendiles Martínez nacque a Caracas (Venezuela) l’11 agosto 1903, priva del braccio sinistro. Crebbe in una famiglia profondamente cristiana, dove la fede era vissuta con naturalezza e quotidianità: la benedizione dei pasti, la recita serale del Rosario e la partecipazione alla Messa domenicale segnavano il ritmo della vita domestica.
In questo ambiente di fede semplice e sincera maturò la sua vocazione alla consacrazione totale a Dio. Sin da bambina, pur tra le prove – la morte di un fratello e del padre, e la disabilità fisica – Carmen visse un forte desiderio di donarsi al Signore e di contribuire alla costruzione del suo Regno. Vide nella verginità, nella povertà e nell’obbedienza i mezzi per identificarsi con Cristo. Fin da giovane coltivò l’amore per l’arte e il disegno, ma rinunciò a queste passioni per seguire la chiamata alla vita religiosa.
La vita di madre Carmen fu caratterizzata da un’intensa devozione eucaristica e da un profondo spirito di offerta e di servizio. L’adorazione davanti al Santissimo Sacramento era per lei un prolungamento della sua consacrazione: non una semplice pratica, ma una comunione continua con Cristo, fonte di ogni forza e consolazione. Era animata da una carità aperta e intelligente, rivolta in particolare ai poveri, agli ammalati e ai sacerdoti, che vedeva come icone viventi di Cristo.
A questi ultimi dedicò un’attenzione speciale, pregando per loro e collaborando alla loro missione pastorale. Chi la conobbe ne ricordava la bontà materna, la delicatezza nei rapporti, la capacità di perdonare e di sostenere chi soffriva.
Nel 1965, divenuta superiore delle province venezuelana e colombiana delle Ancelle di Gesù del Santissimo Sacramento, chiese la separazione dal ramo francese per preservare il carisma originario. Fondò così la Congregazione delle Serve di Gesù di Caracas, destinata a custodire e diffondere il culto del Santissimo Sacramento e a sostenere l’apostolato sacerdotale. Per madre Carmen, questo atto di fondazione non fu un gesto di autonomia, ma di obbedienza alla volontà di Dio.
Il suo insegnamento si riassume nell’invito a vivere ogni giorno in unione con Cristo Eucaristia, a rispondere con generosità alla chiamata alla santità e a offrire la propria vita come strumento della volontà divina. Nell’ultima circolare alle sue figlie spirituali, madre Carmen le esortò a pregare per il ritorno dei peccatori alla Mensa Eucaristica, testamento spirituale che si trasforma in un appello universale alla conversione e alla comunione con Dio.
Iter della causa di beatificazione e canonizzazione
L’inchiesta diocesana super virtutibus si svolse a Caracas tra il 1995 e il 1996 e fu riconosciuta valida dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 18 ottobre 1997. Dopo il Congresso dei Consultori Teologi (27 novembre 2010) e la Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi (18 giugno 2013), Papa Francesco ne riconobbe l’eroicità delle virtù il 5 luglio 2013, conferendole il titolo di Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Fu esaminata la guarigione miracolosa di una donna venezuelana colpita nel 2003 da una sindrome dolorosa regionale complessa secondaria a folgorazione della mano destra. Dopo l’inchiesta diocesana (2014–2015) e l’approvazione della Consulta Medica (24 novembre 2016), la guarigione fu riconosciuta come scientificamente inspiegabile.
Papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul miracolo il 18 dicembre 2017, e la beatificazione ebbe luogo a Caracas il 16 giugno 2018.
Il miracolo in vista della canonizzazione
La postulazione ha presentato il caso della guarigione di una giovane donna venezuelana, affetta da idrocefalo triventricolare idiopatico e ridotta in stato vegetativo dopo vari interventi neurochirurgici. Nel 2018, la famiglia e le religiose iniziarono a invocare l’intercessione di Madre Carmen presso la sua tomba. Dopo le preghiere e il contatto con un suo quadro, la donna recuperò improvvisamente la coscienza, riprese a parlare e a camminare, fino alla completa guarigione, stabile e duratura.
Madre María Carmen Rendiles Martínez visse un’esistenza segnata dalla sofferenza trasfigurata in amore e da una fedeltà assoluta all’Eucaristia. La sua figura rappresenta una via contemporanea alla santità, fondata sulla fiducia totale in Dio e sulla dedizione gioiosa alla Chiesa. Oggi le Serve di Gesù di Caracas proseguono la sua missione, diffondendo nel mondo il carisma della presenza viva di Cristo nel Sacramento e nel prossimo.


Maria Troncatti (1883-1969), Salesiana delle Figlie di Maria Ausiliatrice, missionaria italiana in Ecuador
Maria Troncatti nacque il 16 febbraio 1883 a Corteno Golgi (Brescia), in una famiglia profondamente cristiana, ricca di fede e di amore. Cresimata a tre anni e comunicata a sei, fin da bambina mostrò un cuore sensibile verso i poveri e un vivo desiderio di “portare Dio” a chi non lo conosceva ancora, affascinata dalle letture del Bollettino Salesiano. A quindici anni aderì all’Associazione delle Figlie di Maria, maturando la decisione di consacrarsi totalmente al Signore.
Nel 1905, a ventidue anni, lasciò la casa paterna per entrare tra le Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) a Nizza Monferrato, dove affrontò con fede difficoltà di salute e varie prove spirituali. Fece la professione religiosa nel 1908, mostrando sempre grande obbedienza, serenità e amore per il dovere quotidiano. Durante la Prima guerra mondiale frequentò un corso da infermiera e si dedicò con coraggio all’assistenza dei feriti.
Nel 1915, durante un’alluvione a Varazze, attribuì alla Madonna Ausiliatrice il miracoloso salvataggio suo e di altre persone, evento che rafforzò in lei la chiamata alla vita missionaria.
Nel 1922, a trentanove anni, ricevette la destinazione tanto attesa: l’Ecuador. Partì da Genova il 9 novembre 1922, iniziando una lunga avventura apostolica durata quarantasette anni.
Missionaria nella selva amazzonica
Dopo un primo periodo a Chunchi, nella Cordigliera andina, nel 1925 suor Maria raggiunse Macas, nel cuore della selva amazzonica, tra le popolazioni Shuar, insieme a un gruppo di missionari e missionarie salesiani. Qui si dedicò con straordinaria energia alla cura dei malati, all’educazione dei bambini e alla promozione della donna, fondando scuole, dispensari e, più tardi, un ospedale (1954), che volle anche come luogo di guarigione spirituale. La sua opera di evangelizzazione si intrecciava con l’assistenza sanitaria e la formazione umana, conquistando la fiducia dei popoli indigeni e pacificando conflitti locali. A chi la incontrava, suor Maria appariva come una madre: semplice, allegra, instancabile nel servire. Diceva spesso: «Sono ogni giorno più felice della mia vocazione religiosa missionaria!»-
Negli ultimi anni, pur anziana, continuò ad accogliere, ascoltare e consolare, chiamata da tutti madrecita buena. Il 25 agosto 1969, mentre si recava in aereo da Macas a Quito per partecipare agli esercizi spirituali, morì in un incidente aereo subito dopo il decollo. Aveva 86 anni. Pochi giorni prima aveva confidato a una consorella: «La Purísima mi ha detto di prepararmi, perché presto qualcosa di grave mi accadrà».
Causa di beatificazione e canonizzazione
L’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità di suor Maria Troncatti fu celebrata a Macas tra il 1986 e il 1987; un processo rogatoriale si svolse a Brescia nel 1989. La validità giuridica di entrambe le inchieste fu riconosciuta nel 1989 e nel 1990. La Positio super virtutibus fu discussa nel 2008: il 2 maggio i consultori teologi e il 7 ottobre i cardinali e vescovi espressero giudizio positivo.
L’8 novembre 2008 papa Benedetto XVI approvò il decreto sulle virtù eroiche, proclamandola Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Riguarda la guarigione inspiegabile di Josefa Yolanda Solórzano Pisco, avvenuta nel 2002 a Portoviejo (Ecuador). Colpita da una grave malattia degenerativa e ormai in coma, fu affidata all’intercessione di suor Maria Troncatti. All’alba del 10 maggio 2002 la donna riprese conoscenza e cominciò una rapida e completa guarigione, tuttora stabile. Il miracolo fu riconosciuto ufficialmente e portò alla beatificazione di Maria Troncatti il 24 novembre 2012 a Macas, presieduta dal cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Il miracolo per la canonizzazione
Nel 2015 si è verificata la guarigione totale di un uomo shuar, Juwa, colpito da un grave trauma cranico con fuoriuscita di materia cerebrale. Dopo giorni di coma e prognosi disperata, i familiari e le missionarie pregarono suor Maria. Il 13 febbraio Juwa si risvegliò, e in pochi mesi recuperò completamente parola, movimento e capacità lavorativa. Nel 2022 un controllo medico confermò la guarigione completa e duratura, senza postumi neurologici.
Eredità spirituale
Maria Troncatti rimane una figura luminosa di santità missionaria salesiana, che unisce fede, carità e promozione umana. La sua vita fu un continuo “dono d’amore”, vissuto con gioia e semplicità tra i popoli dell’Amazzonia. Il suo esempio continua a ispirare le Figlie di Maria Ausiliatrice e quanti si dedicano al servizio del Vangelo nei luoghi più poveri e lontani.


Bartolo Longo (1841-1926), laico, fondatore del Santuario di Pompei
Bartolo Longo nacque il 10 febbraio 1841 a Latiano, in provincia di Brindisi, in una famiglia profondamente cristiana. Dopo gli studi iniziali, si trasferì a Napoli nel 1863 per completare la laurea in Giurisprudenza. Durante gli anni universitari, affascinato da correnti razionaliste e spiritistiche, si allontanò dalla fede cattolica in cui era stato educato.
La sua conversione avvenne grazie all’incontro provvidenziale con il professor Vincenzo Pepe e con il padre domenicano Alberto Radente, che lo aiutarono a riscoprire la fede e a ritrovare la pace interiore. Fu lo stesso Bartolo a raccontare come, dopo la conversione, avesse udito nel cuore una voce che gli diceva: “Se propagherai il Rosario, ti salverai.” Da allora comprese la sua vocazione: dedicare tutta la vita alla diffusione del Rosario e alla promozione della carità cristiana.
Nel 1872, su invito della contessa Marianna Farnararo De Fusco, vedova con cinque figli, Bartolo si recò nella Valle di Pompei per amministrarne le proprietà.
Quella terra abbandonata e povera sarebbe diventata il centro della sua missione. Cominciò a catechizzare i contadini, a restaurare la piccola chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore e a promuovere la devozione alla Vergine del Rosario.
Il 13 novembre 1875 giunse a Pompei la prodigiosa immagine della Madonna del Rosario, evento che segnò l’inizio di una nuova storia di fede. Il giorno seguente il vescovo di Nola gli propose di erigere non solo un altare, ma una nuova chiesa dedicata alla Madonna del Rosario. Le offerte per la costruzione arrivarono da contadini e nobili, da Napoli e da ogni parte del mondo. Un miracolo – la guarigione della giovane Clorinda Lucarelli, avvenuta il 13 febbraio 1876 – fu considerato un segno del favore della Vergine verso l’opera nascente. L’8 maggio 1876 fu posta la prima pietra del Santuario.
Negli anni seguenti Bartolo Longo diffuse la spiritualità del Rosario attraverso scritti e iniziative.
Nel 1877 pubblicò i Quindici Sabati del Rosario e nel 1883 compose la celebre Supplica alla Vergine del Rosario di Pompei, recitata per la prima volta il 14 ottobre 1883 da ventimila pellegrini. Nel 1884 fondò il periodico Il Rosario e la Nuova Pompei.
Accanto al Santuario, Bartolo volle edificare il “Santuario della carità”: una rete di opere sociali per gli emarginati del suo tempo.
Nel 1887 fondò l’Orfanotrofio femminile, affidato poi alle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, congregazione da lui istituita nel 1897.
Nel 1892 fondò l’Ospizio per i figli dei carcerati, convinto che l’amore potesse redimere anche le ferite più profonde. Il 5 maggio 1901 fu inaugurata la facciata della Basilica, dedicata alla Pace Universale.
Bartolo Longo morì a Pompei il 5 ottobre 1926, a ottantacinque anni. Fu un laico appassionato del Vangelo, apostolo del Rosario e costruttore di opere di carità che ancora oggi accolgono bambini e famiglie in difficoltà. Nella sua vita si uniscono fede e carità, contemplazione e azione, in una testimonianza ancora attualissima di Chiesa “in uscita”.
Causa di beatificazione e canonizzazione
La Causa di beatificazione di Bartolo Longo iniziò a Pompei il 2 giugno 1934 con il Processo Informativo Ordinario sulla fama di santità, virtù e miracoli. Seguirono processi rogatoriali a Oria e Pavia (1935) e, successivamente, il Processo Apostolico (1947–1948 e 1968).
Il decreto di validità giuridica fu emanato il 26 febbraio 1971. Il 22 aprile 1975 i consultori teologi espressero parere unanime positivo sulla Positio super virtutibus, e l’8 luglio 1975 i cardinali e vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi riconobbero l’esercizio eroico delle virtù.
Il 3 ottobre 1975 papa Paolo VI approvò il decreto super virtutibus, proclamandolo Venerabile.
Per la beatificazione fu riconosciuto il miracolo della guarigione di Carmen Rocco, avvenuto nel 1943, da una grave sindrome enterocolitica e anemia ipercromica. Dopo accurati esami medici e teologici, il 13 giugno 1979 fu promulgato il decreto sul miracolo, e il 26 ottobre 1980, in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II proclamò Beato Bartolo Longo.
Dopo la beatificazione, la figura e il culto del Beato si diffusero ampiamente, divenendo universali. Il suo messaggio di fede, carità e promozione umana trovò nuova attualità nel magistero della Chiesa contemporanea.
Il 18 giugno 2024, l’Arcivescovo Prelato di Pompei, Mons. Tommaso Caputo, insieme al Vescovo di Acerra e Presidente della Conferenza Episcopale Campana, Mons. Antonio Di Donna, ha presentato a Papa Francesco una supplica per la canonizzazione del Beato Bartolo Longo, chiedendo la dispensa dallo studio di un nuovo miracolo, alla luce della straordinaria diffusione del suo culto e della sua attualità come modello di laico evangelizzatore e apostolo della carità. Il 18 febbraio 2025, i Cardinali e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi, riuniti in Sessione Ordinaria, hanno espresso parere positivo sulla Positio super canonizatione.
Il 24 febbraio 2025, durante un’udienza concessa al Cardinale Pietro Parolin e a Mons. Edgar Peña Parra, Papa Francesco ha approvato i voti della Sessione e ha deciso di sottoporre la canonizzazione al Concistoro.



