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Pope Leo XIV holds a silent prayer at the site of the Beirut port blast in August 2020, during his first apostolic journey, in Beirut, Lebanon December 2, 2025. REUTERS/Yara Nardi
dalla nostra inviata a Beirut
Un mazzo di fiori deposto sul luogo dove, il 4 ottobre del 2020, due terribili esplosioni causarono la morte di oltre 200 persone, il ferimento di altre settemila e che ne lasciarono senza casa oltre 300mila. Papa Leone sosta in silenzio e prega al porto. Poi incontra 60 familiari delle vittime e alcuni sopravvissuti accompagnati dalla loro avvocata. Tutti ancora in attesa di giustizia. Quella che viene considerata la Hiroshima del Libano, per la potenza delle esplosioni causate dal nitrato di ammonio che, sequestrato nel 2014, era rimasto abbandonato nella nave MV Rhous, attende ancora di sapere di chi è la responsabilità. Depistaggi e interferenze politiche stanno mettendo a dura prova la prosecuzione dell’inchiesta che il giudice Tarek Bitar ha riavviato nel febbraio di quest’anno.
Il sito dell’esplosione, la più potente non nucleare mai registrata, è stato inserito tra i luoghi di interesse storico e, recentemente, è stato stabilito che la giornata del 4 agosto sia lutto nazionale.




