Nel viaggio di ritorno dal suo primo viaggio apostolico in Turchia e in Libano, papa Leone XIV ha sorpreso i giornalisti con una confidenza inattesa. Alla domanda su quale testo, oltre a quelli di Sant’Agostino, da lui citato molte volte, esprima meglio la sua spiritualità personale, il Pontefice non ha citato un grande classico della teologia né un autore contemporaneo. Ha indicato invece un libretto minuscolo, spesso relegato negli scaffali laterali delle librerie religiose: La pratica della presenza di Dio, del frate carmelitano Fra Lorenzo della Resurrezione.

«Un giornalista tedesco ha detto l’altro giorno: mi dica un libro, oltre a Sant’Agostino, che noi potremmo leggere per capire chi è Prevost», ha detto il Pontefice durante la conferenza stampa, «ce ne sono tanti, ma uno di questi è un libro che si chiama La pratica della presenza di Dio. È un libro davvero semplice, di qualcuno che non firma neanche con il suo cognome, fratel Lawrence, scritto molti anni fa. Ma descrive un tipo di preghiera e spiritualità con cui uno semplicemente dona la sua vita al Signore e permette al Signore di guidarlo. Se volete sapere qualcosa su di di me, di quella che è stata la mia spiritualità per molti anni, in mezzo a grandi sfide, vivendo in Perù durante gli anni del terrorismo, essendo chiamato al servizio in posti in cui mai avrei pensato che sarei stato chiamato a servire. Io confido in Dio e questo messaggio è qualcosa che condivido con tutte le persone».

Una scelta che dice molto. Oltre alle implicazioni geopolitiche del viaggio, su cui si è concentrata la stampa e gli analisti di tutto il mondo, il Papa ha preferito anche evidenziare l’aspetto più spirituale indicando qual è la sua fonte di ispirazione legata al silenzio interiore, alla preghiera che nasce nella quotidianità, alla semplicità evangelica.

Cosa dice il libro

Fra Lorenzo della Resurrezione (1614-1691), carmelitano francese oggi venerabile, non era un teologo di professione. Non ha scritto trattati né manuali ascetici. Quello che conosciamo di lui arriva da lettere e colloqui raccolti dopo la sua morte. Eppure, proprio in queste pagine essenziali si trova un’intuizione che ha affascinato generazioni di cristiani: la possibilità di vivere sempre alla presenza di Dio.

Per Fra Lorenzo, infatti, pregare non è solo un atto delimitato nel tempo. Non coincide con un rito o con una formula. È piuttosto un atteggiamento continuo del cuore, una sorta di attenzione amorosa che accompagna ogni istante. Lui la definiva una «conversazione silenziosa» con il Signore, un dialogo che non si interrompe mai e che non richiede grandi sforzi intellettuali: basta l’amore.

Questa presenza non è però un’idea astratta. È un fatto molto concreto. Tanto concreto che il carmelitano raccontava di percepire Dio accanto a sé mentre cucinava, riparava i sandali dei confratelli o svolgeva le occupazioni più umili. «Bisogna soltanto», scriveva, «rivolgere il cuore a Dio per un istante, prima di agire e dopo aver agito». È questo lo “sguardo interiore” che alimenta la sua spiritualità.

Piccoli gesti, piccoli ricordi improvvisi, una breve invocazione durante il lavoro, un atto di adorazione scambiato tra una mansione e l’altra: la santità, per Fra Lorenzo, si costruisce nei dettagli della vita ordinaria. Fino a trasformare il cuore in un vero «oratorio», aperto a Dio anche lontano dalla chiesa o dalla preghiera formale.

Perché il Papa lo propone oggi

La scelta di Papa Leone XIV non è un vezzo intellettuale. È un messaggio preciso. In un mondo segnato da frenesia, distrazione e frammentazione interiore, la spiritualità di Fra Lorenzo appare sorprendentemente attuale. Non chiede perfezione, non richiede ritiri spirituali o condizioni speciali. Chiede solo disponibilità a lasciarsi guardare da Dio nel mezzo della vita di tutti i giorni.

Il Papa indica così un cammino semplice e alla portata di tutti, forse proprio perché nasce da un uomo che camminava lentamente nella cucina di un convento del Seicento, e che in quella semplicità aveva trovato la pace.

Un modo per ricordare che la vita spirituale non si gioca solo nei grandi eventi, ma nel segreto dei cuori che, mentre lavorano, ascoltano o soffrono, non dimenticano la presenza di Dio. Un invito a riscoprire quella “preghiera feriale” che accompagna la giornata e che, secondo Fra Lorenzo, può trasformare ogni gesto in un atto d’amore.