Don Davide Banzato: «Vale la pena soffire per amore?»

A volte amare porta a soffrire, per le aspettative deluse o per la mancanza di gratitudine. Allora ci domandiamo: ma vale davvero la pena soffrire per amore?

A volte amare porta a soffrire, per le aspettative deluse o per la mancanza di gratitudine. Allora ci domandiamo: ma vale davvero la pena soffrire per amore?

Per rispondere a questa domanda ho pensato a un brano del Vangelo di Luca, dove Gesù risponde a un interrogativo preciso: “Chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29).
E lo fa ribaltando completamente la prospettiva attraverso una parabola: quella, famosa, del buon Samaritano (Lc 10,30-37).

Dopo che un uomo viene aggredito dai briganti, picchiato e lasciato mezzo morto lungo la strada, coloro che passano lo vedono. Le figure importanti e religiose dell’epoca, a partire dal levita e dal sacerdote, lo vedono e passano oltre.
Invece il Samaritano si ferma e ha compassione di lui.

Se ne prende cura: lo solleva, lo fascia, versa sulle ferite olio e vino, lo carica sulla sua cavalcatura, paga concretamente perché quest’uomo possa tornare a vivere.
E Gesù chiude questa parabola così provocatoria dicendo: “Va’ e anche tu fa’ così” (Lc 10,37).
Non domandarti “chi è il mio prossimo”, ma diventa tu il prossimo di chi ha bisogno del tuo amore.

Che cosa ha guadagnato il buon Samaritano? Nulla.
Ha speso il suo vino, il suo olio, il suo tempo—li ha sprecati per uno sconosciuto—e ha pagato di tasca sua.


Ecco una grande verità che Gesù ci consegna in questo Vangelo.

L’amore significa essere vulnerabili.
La vulnerabilità dell’amore è un bivio, un aut-aut: dobbiamo decidere se amare o non amare.
E, fondamentalmente, significa esporsi alla sofferenza.

Forse allora dovremmo ribaltare la domanda: più che chiederci “vale la pena soffrire per amore?”, dovremmo chiederci: “vale la pena vivere senza amore?”
Come ricorda spesso Chiara Amirante, “tutto passa, solo l’amore resta”.

Nessuno si ricorderà di noi per quanti titoli abbiamo conquistato, quante lauree o quanti master abbiamo conseguito, quanti soldi abbiamo accumulato o per le medagliette ottenute nella nostra vita.
Le persone si ricorderanno se le abbiamo amate, se siamo stati significativi per loro, se ci siamo stati quando avevano bisogno di aiuto, se siamo stati capaci di andare oltre le difficoltà, se abbiamo avuto il coraggio della vulnerabilità dell’amore.

Forse senza amore si può anche sopravvivere, ma si vive da morti nel cuore.

Più che domandarci dunque se valga la pena soffrire per amore, dovremmo ricordarci che una vita senza amore non è davvero vita.

Viaggi del cuore: le riflessioni di don Davide Banzato

Qual è l’ostacolo per accogliere in pienezza l’Amore?

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