Carissimo don Stefano, vorrei esprimere un mio parere sul tema dei “Pochi ai confessionali” da lei trattato sui “Colloqui col padre” nel n. 6/23 di Famiglia Cristiana. Per me è troppo semplice (e forse anche comodo?) motivare l’allontanamento dalla confessione solo con la perdita del senso del peccato. 

A riprova di questo vorrei portare l’esperienza fatta nella mia parrocchia. Per sette anni abbiamo avuto come parroco un sacerdote che, ancora prima del covid, aveva introdotto una modalità diversa per vivere il sacramento della riconciliazione. In occasione delle grandi festività, all’interno della chiesa parrocchiale, la comunità si ritrovava non per fare la cerimonia “penitenziale”, ma per celebrare la “festa della riconciliazione”. Festa, perché questo è il sentimento che anima il Padre Misericordioso: c’erano momenti di ascolto della Parola, di meditazione guidata e personale, si pregava, si cantava e poi alla fine, in processione, si riceveva il perdono attraverso l’imposizione delle mani. La durata era di circa un’ora e le presenze erano numerose. 

A motivo di questo metodo “non consentito” e di altre innovative iniziative pastorali, la Diocesi ha deciso di allontanare questo parroco e ne ha inviato un altro per “normalizzare” la pastorale. Così, prima dello scorso Natale, è stata proposta la cerimonia penitenziale con alla fine la consueta confessione individuale. Hanno partecipato una quindicina di persone… 

GIORGIO 

 

Caro Giorgio, grazie della tua lettera, che mi permette di estendermi un po’ su un tema così importante come quella del sacramento della confessione (o, meglio, della riconciliazione). Nella mia risposta a Giuseppe, che lamentava di vedere più persone in fila per la comunione che ai confessionali, indicavo come la perdita del senso del peccato è secondo me legata al venir meno in tante persone di un rapporto personale, intimo, caldo, confidenziale con il Signore, per cui si è meno capaci di cogliere la rottura della relazione con Lui che si realizza con il peccato. 

Detto in altre parole: è conseguenza dell’attuale grande crisi di fede. È in fondo quello che, con altre parole, dici anche tu: attraverso la vostra liturgia penitenziale in parrocchia vissuta nella Parola, con la meditazione e nel silenzio (ma in una forma, da quanto capisco, irrituale, a meno che non si trattasse della forma con l’assoluzione generale, prevista però solo in casi molto particolari dal n. 1483 del Catechismo) avete fatto la stessa esperienza del figliol prodigo della parabola che incontra il Padre Misericordioso, che lo riaccoglie a casa a braccia aperte. Una festa, appunto. Lo stesso clima che si verifica in tanti santuari (ne sono stato testimone diretto a Medjugorie in occasione di un Festival dei giovani di qualche anno fa) e luoghi di spiritualità. 

Naturalmente ci sono altre cause di questo calo: la privatizzazione del rapporto con Dio (in cui non ci deve entrare il terzo incomodo, il sacerdote), confessionali non abbastanza presidiati, cattive esperienze con la chiesa (o anche nello stesso confessionale).