Gentile direttore, leggo la riflessione di Marina Casini sulla morte di un bimbo in una “culla per la vita” a Bari. Non credo che queste culle siano strumenti efficaci per evitare aborti e abbandoni di neonati, conseguenze di parti in solitudine e con gravi rischi per la madre e il nascituro.

Occorre, invece, pubblicizzare la possibilità di partorire in anonimato e sicurezza in una struttura sanitaria, lasciando poi il neonato, se si è nell’impossibilità di prendersene cura, a chi potrà accudirlo ed amarlo.

NICOLETTA CAVRIN


Cara Nicoletta, far conoscere alle donne in gravidanza (e in dubbio se tenere il proprio bimbo) la possibilità del parto in anonimato è cosa tanto giusta quanto sconosciuta. Ma per questo bisogna predisporre adeguati servizi di consulenza e informazione che aprano a questa possibilità, che, però, non dappertutto ci sono.

L’antico rimedio delle “culle per la vita” è l’extrema ratio per evitare l’abbandono di neonati per strada di donne che, disperate e impaurite dalla loro situazione personale, compiono un atto estremo senza rendersi conto di quello che commettono: un infanticidio. L’editoriale di Marina Casini andava proprio in questo senso.