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Caro don Stefano, nell’ascoltare l’omelia fatta in chiesa da un padre francescano ho provato una delusione profonda di fronte a queste sue parole: «L’uomo è amore, gli animali non amano».
A fine Messa gli ho chiesto un confronto su questa asserzione e gli ho ricordato che sicuramente qualcuno sarà uscito dalla chiesa con qualche amarezza nel cuore.
Come si può affermare che l’uomo sia amore? L’uomo sta distruggendo la vita umana, animale e biologica per egoismo, interessi economici e politici, spesso in cambio di consensi elettorali.
Alla mia domanda ha sbrigativamente risposto che l’uomo ha una coscienza: ma è proprio questo che aggrava il male che compie l’uomo!
E poi: se amore vuol dire “voler bene”, come possiamo negare l’espressione dell’amore a una pecora che grida il suo dolore quando le viene strappato l’agnello che ha partorito e che servirà a soddisfare il piacere gastrico di molti fedeli nel giorno di Pasqua?
Credo che la vita sia un mistero che non si possa ridurre a superficiali asserzioni e ho fede che tutti gli esseri viventi siano creati da Dio – lo stesso papa Wojtyla ha detto che il soffio vitale di Dio è nell’uomo e che gli animali non ne sono privi – e abbiano diritto al rispetto.
Solo quando l’uomo sarà in grado di riconoscere il valore della vita di ogni vivente e di provare amore e rispetto di fronte a ogni creatura e a ogni sofferenza potrà amare veramente i suoi simili.
Ricordo le parole di Gandhi: «Il nostro prossimo è tutto ciò che vive». Questo è “l’amore” a cui dobbiamo tendere ma ne siamo ancora lontani: non c’è amore in chi ignora il valore di altre vite.
MARIA LUISA

Cara Maria Luisa, comprendo il tuo disappunto, anche se bisogna capire bene i termini della questione.
Riguardo a una visione cristiana degli animali la teologia sta camminando in questi anni al passo dei documenti del magistero di papa Francesco, che aiutano a capire sempre di più il mistero iscritto nella creazione.
Nell’enciclica Laudato si’ egli così scrive: «Fra i poveri più abbandonati e maltrattati c’è la nostra oppressa e devastata terra, che “geme e soffre le doglie del parto”» (n. 2).
Questa citazione di san Paolo ci ricorda che tutta la creazione, animali compresi, attende di rinascere a vita nuova. Non solo gli uomini, dunque. Ma… come? Questo non ci è noto, ma sicuramente ogni creatura in modo conforme alla propria natura, perché ognuna, creata da Dio, «è cosa buona» (Genesi 1), voluta e amata da Dio.
Riguardo all’omelia, ancora oggi risentiamo del pensiero nato con la teologia scolastica, su cui grande influsso ebbero Platone e Aristotele. Secondo loro gli animali sono di rango inferiore perché non dotati di ragione e intelligenza e quindi neanche di anima immortale.
Questa visione ha cominciato a mostrare le sue rughe con l’avvento di una sensibilità diversa.
Già Paolo VI negli anni ’70, rispondendo a un bambino che piangeva per la morte del suo cane, lo consolò dicendo: «Gli animali sono la parte più piccola della Creazione Divina, ma noi un giorno li rivedremo nel Mistero di Cristo».
Paolo De Benedetti, teologo e biblista, ha scritto che negli occhi di un cane morente è possibile incontrare Gesù.
Padre Martin Lintner, docente di etica teologica, ha affermato che la Risurrezione di Cristo, vista alla luce della sua dimensione cosmologica, comprende anche la salvezza degli animali, così simili all’uomo nella loro fragilità.
Il termine “carne” nel Vangelo di Giovanni («E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi», Gv 1,14) esprime questa vulnerabilità creaturale, che accomuna uomini e animali e permette di superare i limiti della teologia scolastica.
Per questa “teologia degli animali” non solo le creature umane ma anche quelle non umane possiedono un principio di soffio divino. Pure loro partecipano alla salvezza finale.
Lo conferma il libro del Qohelet: «Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c’è un solo soffio vitale per tutti» (3,19-22).
La benedizione degli animali, praticata il 17 gennaio (sant’Antonio abate), esprime la loro dignità, confermata dal Catechismo: «Gli animali sono creature di Dio. Egli li circonda della sua provvida cura. […] Anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro» (n. 2416).
E la scienza cosa dice? Una dichiarazione dell’Università di Cambridge del 2012 afferma: «Gli animali non-umani, inclusi tutti i mammiferi e gli uccelli, e molte altre creature, compresi i polpi, possiedono substrati neurologici che generano la coscienza».
Concludendo, gli animali hanno la loro dignità, che deve essere rispettata in virtù del disegno creazionale di Dio. Ma deve anche essere mantenuta la costitutiva differenza fra gli uomini ed essi, cosa che una visione radical-animalista nega.
L’amore, nel senso più profondo del termine come capacità di sacrificare sé stessi per l’altro, è una virtù prettamente umana, anche se non sempre attivata.



