Caro don Stefano, leggo spesso le sue risposte e le trovo davvero ricche di spunti. Ho 57 anni, sei mesi fa, dopo una lunghissima malattia, ho perso mia madre. Avevo solo lei al mondo. Sto facendo da anni un percorso di fede, ma sono sincero: mi blocco davanti alla ragione.Non riesco a credere all’immortalità dell’anima, alla vita eterna, nonostante il vuoto immenso che mia madre mi ha lasciato. Lei non crede che oggi forse si dovrebbe razionalizzare in qualche modo la fede, anche se sembra una contraddizione in termini? FRANCESCO ENRICO
Il tuo omonimo Franciszek, caro Francesco, è il giovane protagonista del film Illuminazione (1973) di Krzysztof Zanussi, famoso regista polacco a cui Famiglia Cristiana lo scorso 1° settembre ha consegnato un premio alla carriera in occasione della 79^ Mostra del cinema di Venezia (vedi pagina 48).
La storia è incentrata sull’aspirazione di questo ragazzo a una “illuminazione”, cioè alla conoscenza della verità tutta intera, o meglio di quelle verità certe e incrollabili che resistono anche di fronte al fluire e alla fragilità delle cose umane che ogni uomo deve affrontare. Verità che indichino vie certe e sicure. Almeno così pensa lui. Franciszek dopo la maturità sceglie così la facoltà di Fisica, ritenendola il naturale esito delle sue aspirazioni giovanili. Egli proietta su quel tipo di studio e sulle conoscenze che esso offre la responsabilità di rispondere alle domande fondamentali in tutti i campi: dalla natura della conoscenza e della vita, a Dio, alle scelte che la vita stessa impone. Un’aspirazione a criteri di scelta che impediscano di sbagliare.
Questa convinzione crollerà piano piano di fronte al fluire della vita. Il ragazzo, per esempio, lavorerà per un periodo di tempo in un ospedale psichiatrico, dove si renderà conto che lo spirito umano che aspira all’illuminazione deve fare i conti con la dura materia, anche con il cervello e i suoi limiti, che, quando funziona male può rovinare la vita e scombinare i piani di vita. Deve anche fare i conti con il duro quotidiano, con l’affitto da pagare, il cibo da acquistare e con scelte che deve compiere senza alcuna illuminazione previa. Soprattutto è di fronte a una scelta importante quando la sua fidanzata, rimasta incinta, vorrebbe abortire e lui la convince ad accettare quella piccola vita che a breve nascerà.
Così la sposa, ma deve rallentare gli studi per provvedere alla famiglia. L’illuminazione tanto cercata negli studi viene definitivamente meno quando, all’ultimo anno di studio, non si sente pronto a scegliere la specializzazione perché non conosce bene i contenuti delle varie possibilità che gli si offrono. La risposta a tutto questo la dà il prof. Tatarkiewicz nella prima scena del film, quando spiega il concetto di illuminazione riferendosi a sant’Agostino:
«Noi otteniamo la conoscenza da una illuminazione della mente. La mente la vede direttamente, senza ragionamenti. Tuttavia, ciò non significa che sia un prodotto dell’estasi, o cose del genere, ma è un accrescimento del pensiero. Ma per raggiungerla bisogna avere un cuore puro. La purezza del cuore è più importante della mente».
L’esperienza della fede richiede un cuore pronto a riconoscere il volto del Signore, che passa sulla strada di ogni uomo in mille forme diverse. Desiderio, preghiera, abbandono, fiducia sono alcune componenti che favoriscono quell’incontro fatale con Lui. È in quegli sguardi che si incrociano, è in quell’incontro che il cuore e la mente si accordano, facendo calare finalmente la pace sul nostro pellegrinaggio in terra


