Carissimo don Stefano,
sono un settantenne che si reputa altamente fortunato!

Per la famiglia d’origine, per la famiglia che ha costruito insieme alla moglie, per l’attività di insegnamento, per essere diventato nonno, per la città splendida in cui è natoFerrara – ricca di arte, storia, cultura e architettura. Per me la vita è stata un grandissimo dono.

Ma questa frase, “la vita è un dono”, che il Papa e i sacerdoti spesso ripetono, non mi trova concorde. Vi sono, infatti, persone per cui la vita è un inferno, un tormento, una sofferenza, una dannazione.

Ho riletto alcuni articoli che ho conservato e che riguardano il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, servizi del 2004 che parlavano dell’orrore che avveniva a quell’epoca in Mozambico, dove venivano asportati a bimbi, anche di pochi mesi, e ad adolescenti, gli organi, fra cui gli occhi: bimbi massacrati dai ladri di organi.

Vi sarebbero ancora tanti esempi di bambini e bambine del mondo a cui è negato il diritto alla vita, e perciò il futuro.

Siete veramente convinti che la vita sia sempre un dono per tutti?

DARIO POPPI
- FERRARA


Caro Dario,

dire che la vita è un dono è vero, ma non basta. È certamente un dono nel disegno originario di Dio, che ha voluto l’uomo come parte del creato, capace di goderne la bellezza e i frutti.

Capace di costruire relazioni, progetti, visioni. Capace di amore, di fraternità. Capace di ascolto. Capace di Dio.

In un mondo giusto, come lo sogna Dio e ogni cittadino del Regno, non c’è posto per i misfatti che descrivi tu – realtà che appartengono al mondo delle tenebre – e per le persone che li commettono.

Ma neanche per altri crimini di oggi, che gridano vendetta al cospetto di Dio: pensiamo alle guerre, alla sempre più concreta possibilità che venga fatto uso della bomba atomica, al dramma dei migranti, ai conflitti nelle famiglie e a tanto altro.

All’affermazione che la vita è un dono va aggiunto, dunque, che lo è solo in potenza. Perché diventi realtà resta un compito e una missione affidata a ciascun uomo e a ciascuna donna.

Di cui risponderà, ineluttabilmente al termine della vita, a Dio e solo a Lui. Con due possibili esiti: nel bene, il paradiso; nel male, l’inferno.

Quell’inferno che qualcuno ha costruito in terra diventerà il suo esilio eterno. Non una minaccia, ma una terribile possibilità lasciata alla libertà dell’uomo.