Caro don Stefano, il segno di croce ci ricorda la SS. Trinità e la passione di Nostro Signore. Ma lo sappiamo fare? Molti sacerdoti e laici, pur facendolo con ampi gesti della mano non fanno però coincidere le parole con i gesti stessi e in modo veloce, come se avessero premura. Ci sono poi coloro che lo fanno in un modo che non si capisce se è un segno di croce o se stanno cacciando le mosche. Oserei dire di più: nei seminari viene insegnato come si fa? Per il cristiano è troppo importante per non farlo bene, con calma, pensando al suo profondo significato. Naturalmente è bene che i piccoli lo imparino dai genitori e al catechismo. GIUSEPPE MAGLIO

Caro Giuseppe, grazie per le tue sagge parole. Spesso le persone (e fra queste anche noi sacerdoti) fanno il segno di croce in modo automatico, quasi distratto, in fretta. Esso, invece, non a caso è uno dei sacramentali più comuni. Il sacramentale è un segno sacro per mezzo del quale «sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali» (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1667). Per mezzo di esso veniamo «disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie circostanze della vita». Questo gesto, quindi, oltre a essere all’origine del nostro dirci “cristiani” – di persone, cioè, che portano il sigillo di Cristo –, se fatto con coscienza e presenza a noi stessi, ci colloca in uno spazio interiore di apertura al Mistero, conferendoci la grazia della redenzione che Cristo ci ha acquistata per mezzo della croce. In una parola, ci aiuta ad assumere gli stessi sentimenti e intenzioni di Gesù, che si è fatto ai suoi fratelli. Farsi il segno di croce appena alzati ci sintonizza sul canale giusto per il resto della giornata. Farlo prima di andare a letto, diventa un’offerta a Dio di quanto vissuto, nel bene e nel male, durante la giornata. Insegnarlo ai bambini è fare loro un dono grande per la vita intera