Caro don Stefano, sono dispiaciuto per la scelta di Cristina Scuccia di uscire dalla congregazione religiosa a cui apparteneva, ma ben accolgo i suoi certamente validi motivi. Quello che mi sconvolge è che vada a partecipare al programma L’Isola dei famosi. Una giovane consacrata a Dio (avvenimento più grande non può avvenire per ogni creatura) sceglie di contaminare la sua vita in un’esperienza torbida, squallida, sporca. Il grande dono della voce non è soltanto opera sua, ma è da attribuire anche al buon Dio. Il successo da lei ottenuto è stato grazie al grande talento canoro ricevuto. Il programma televisivo certamente non ha lo scopo di valorizzare Cristina. Sarà sfruttata e usata come oggetto per la curiosità morbosa di squallidi ascoltatori e mezzo per ricchi guadagni ai promotori e ai pubblicitari. E anche lei guadagnerà tanti soldi. PIER LUIGI BONATTI Caro Pier Luigi, sulla vicenda della ex suora e cantante Cristina Scuccia avevo già avuto modo di esprimermi qualche mese fa su queste pagine, sostenendo che la coscienza, anche e forse soprattutto nelle scelte di fondo della vita, è sacra e inviolabile e umanamente ingiudicabile. Dicevo anche, però, che ogni vocazione che venga riconosciuta come proveniente dall’alto, cioè da Dio, richiede manutenzione, cura, discernimento spirituale. Quella religiosa, come quella matrimoniale, come ogni altra che abbia nel Signore il suo riferimento ultimo. Soprattutto in una società come la nostra che fa dell’immagine e della libertà assoluta il suo unico credo e che nega paganamente, come dice san Paolo (cfr. 1Corinzi 1,18), che la parola della croce – e quale vocazione non conosce questa dimensione? – è «potenza di Dio». Detto questo, credo anch’io che questo tipo di programmi generalmente edifichino poco sia i protagonisti che gli spettatori. L’unico a crescere è, come dici tu, il portafoglio di chi li organizza. In un programma dove realtà e finzione si confondono in maniera volutamente torbida, Cristina rischia di diventare più oggetto di una insana curiosità – spero proprio non di morbosità! –, che di essere vista come persona che può esprimere, anche attraverso il canto, la bellezza della fede. Non possiamo in ogni caso fare a meno di pregare per lei, affinché comunque possa, in quel contesto, rendere la sua testimonianza al Vangelo.