Lc 19,11-28 - Mercoledì della XXXIII Settimana del Tempo ordinario - Anno Dispari - (19 novembre 2025)

La parabola delle mine ci mette davanti a una verità scomoda: Dio non è qualcuno da cui difendersi, ma qualcuno a cui consegnarsi. Il terzo servo fallisce non perché ha poco, ma perché ha paura. E la paura è sempre il contrario della fede. Quando nella nostra vita cominciamo a pensare che Dio sia esigente, duro, pronto a chiedere più di quanto possiamo dare, allora iniziamo a seppellire i doni, i talenti, le possibilità che Lui ci ha messo dentro.

Diventiamo custodi del nulla, impresari della nostra stessa sterilità. Gli altri servi invece non fanno cose straordinarie: semplicemente rischiano. Si fidano. E infatti il Vangelo dice che “fecero fruttare” la mina. Il verbo è bellissimo: non parlano di un successo clamoroso, ma di un processo, di un cammino, di un’evoluzione quotidiana.

Nella vita spirituale non ci è chiesto di essere eroici, ma di essere veri, di imparare la logica dei piccoli passi possibili. Di lasciar lavorare la grazia che ci abita, di metterla in circolo, di uscire da quella prudenza che molto spesso è solo paura mascherata. Il vero nodo della parabola è l’immagine che abbiamo di Dio. Se lo immaginiamo come un padrone esigente, allora vivremo sempre sulla difensiva. Se invece scopriamo che Dio è colui che scommette su di noi più di quanto noi stessi osiamo fare, allora anche il poco che siamo diventa fecondo. Il Vangelo ci ricorda che il Regno cresce solo nelle mani di chi non trattiene.

La fecondità nasce dallo spendersi. E poi c’è quel dettaglio finale, severo: “A chiunque ha sarà dato”. Non è un premio ai migliori, è la logica della vita. Quando metti in gioco ciò che hai, si moltiplica; quando lo custodisci per paura, si atrofizza. La fede non è una cassaforte, è un campo da coltivare. E il Signore ci chiede solo una cosa: smettere di avere paura di Lui e cominciare a fidarci di ciò che ha messo in noi. Perché la vera tragedia non è sbagliare, ma non provare mai a vivere davvero il dono che siamo.

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