Lc 20,27-40 - Santa Cecilia, Vergine e martire – Memoria - (22 novembre 2025)

I sadducei si avvicinano a Gesù non per cercare la verità, ma per avere ragione. È sempre così quando il cuore è chiuso: la domanda non nasce dal desiderio di capire, ma dalla paura di essere messi in discussione. E così costruiscono un caso assurdo, una storia complicata che serve solo a dire che la risurrezione è impossibile.

A volte anche noi facciamo lo stesso: usiamo la logica per difenderci dal mistero, l’ironia per non lasciarci cambiare, il cinismo per non rischiare la fede. Gesù non cade nella trappola. Non entra nella logica sterile del dibattito, ma sposta il centro: la risurrezione non è un prolungamento della vita, è una vita nuova.

Non è la copia sbiadita di ciò che già conosciamo, ma qualcosa che supera le nostre categorie. “Dio non è dei morti, ma dei viventi”. È una rivoluzione esistenziale. Significa che ciò che sembra finire non è mai davvero perso, che ciò che ci appare come una chiusura per Dio è un inizio. Il problema dei sadducei è guardare il futuro con gli occhi del presente. Ma la risurrezione non è l’eternità dei nostri limiti: è la liberazione dei nostri limiti. Gesù ci dice che non saremo più incastrati nelle dinamiche di possesso, di paura, di affanno che segnano la vita terrena. L’amore non sarà più legato all’ansia di trattenere, ma sarà finalmente gratuito, pieno, totale.

Non ameremo meno: ameremo meglio. Forse il Vangelo di oggi ci invita a interrogarci su quale immagine abbiamo della risurrezione: una favola per non avere paura o una promessa che cambia il presente? Perché se Dio è il Dio dei viventi, allora la vita di oggi è già luogo di risurrezione. 

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