Luca 2,36-40 – Sesto giorno fra l’Ottava di Natale

Nella pagina del Vangelo di oggi c’è anche Anna nel Tempio. Non basta saper aspettare come Simeone, bisogna anche restare. Anna non passa, non visita, non attraversa soltanto: dimora. Ha perso tutto ciò che poteva darle sicurezza, il marito, il futuro, una vita normale, e invece di chiudersi nella delusione, ha trasformato la sua ferita in uno spazio abitabile per Dio. Anna è l’immagine di chi non scappa dal dolore, ma lo attraversa senza smettere di amare. Non si rifugia nel risentimento, non si irrigidisce nel “tanto è andata così”. Rimane. E restando, prega, digiuna, adora. Non per fuggire dalla realtà, ma per imparare a guardarla con occhi nuovi. E così, quando arriva Gesù, Anna lo riconosce. Perché chi resta fedele al poco, è capace di riconoscere il molto quando arriva. Chi ha imparato a vivere nel silenzio, sa riconoscere la Parola quando parla. Non è una donna che ha avuto tutto, è una donna che non ha perso l’essenziale. Il Vangelo dice che parla di Gesù a tutti quelli che aspettavano la redenzione. È bellissimo: Anna non trattiene per sé la gioia, la condivide. Chi ha davvero incontrato Dio non diventa possessivo, ma generativo. Non dice “è mio”, ma “è per tutti”. Anna non è una donna giovane, non è forte, non è potente. È anziana, fragile, invisibile. Eppure è lei che annuncia il futuro. Perché nella logica di Dio non conta l’età, conta il cuore. Non conta quanto hai, ma quanto sei disposto a fidarti, perché Dio non arriva quasi mai come uno strappo spettacolare. Arriva come una presenza discreta che si riconosce solo da chi ha imparato a stare. E Anna, che è rimasta tutta la vita nel Tempio, diventa la prima testimone che quel Bambino è la risposta ad ogni attesa.