"Costui sappiamo di dov'è. 
Il Cristo invece quando verrà, 

nessuno saprà di dove sia"
(Giovanni 7, 27)



Questa frase, a prima vista enigmatica, esprime il sospetto di «alcuni abitanti di Gerusalemme» nei confronti di Gesù. Il cuore del dubbio è nell’affermazione riguardante “il Cristo” che, come è noto, è la versione greca della parola ebraica “Messia”, che significa “consacrato”.

Ebbene, due opinioni si opponevano per quanto concerneva la sua origine. Secondo alcuni, egli doveva nascere a Betlemme, la patria del re Davide. È ciò che dichiarano anche alcuni della folla che rifiutano di identificare Gesù di Nazaret in Galilea col Messia con questo ragionamento, sempre riferito da Giovanni: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?» (7,41-42).
C’era, però, chi sosteneva un’altra tesi: l’origine del Messia sarebbe stata ignota e all’improvviso egli si sarebbe reso presente a Israele.

È interessante notare che l’ebreo Trifone, dialogando col teologo cristiano Giustino nel II secolo, affermava: «Il Messia, anche se è nato ed esiste effettivamente da qualche parte, è uno sconosciuto». Per alcuni questa origine misteriosa era celeste e il suo svelamento sarebbe stato senza indizi preparatori. Qualcosa del genere è riflesso nelle parole del Battista che presenta Gesù come Messia: «Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me e io non lo conoscevo» (Giovanni 1,30-31). È facile comprendere la reazione sospettosa di quei Gerosolimitani nei confronti di Gesù che sembra arrogarsi illegittimamente la qualità messianica: «Costui sappiamo di dov’è». Egli, infatti, è conosciuto come collegato a un villaggio talmente insignificante da non essere citato neppure una volta nell’Antico Testamento, Nazaret.

Non era, quindi, diffusa la notizia della sua nascita a Betlemme, avvenuta quasi per una ragione estrinseca, ossia il censimento non residenziale ma etnico che aveva costretto la madre incinta a trasferirsi col suo sposo – di etnia betlemita e di clan davidico – a Betlemme, la patria del re Davide. Abbiamo già avuto occasione di spie- gare una strana dichiarazione del Vangelo di Matteo. In essa l’evangelista aveva cercato in qualche modo (probabilmente attraverso un’allusione non geografica ma simbolica) di fondare la residenza di Gesù a Nazaret sulle Scritture: «Andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: “Sarà chiamato Nazareno”» (2,23). Questo legame nazaretano era diventato, comunque, un’obiezione che i suoi avversari opponevano a Gesù per il suo riconoscimento come Cristo, cioè Messia.