E' il nome più presente, dopo quello di Gesù, nel Nuovo Testamento: Pétros per 154 volte, in 27 associato al nome d’origine, l’ebraico Simone, mentre per 9 volte echeggia l’aramaico usato da Cristo Kefa, “pietra”. In questo mese, che confluisce verso la solennità che lo celebra col compagno di missione Paolo, abbiamo pensato di tracciare qualche bozzetto riguardante la sua storia evangelica, anche perché il Giubileo ha come meta da tutto il mondo Roma, la basilica a lui dedicata, la tomba e la continuità della sua figura nel successore, il Papa.

Un primo squarcio lo riserviamo a un giorno di lavoro di Pietro col suo fratello Andrea, entrambi pescatori di quel lago posto in una conca a 212 metri sotto il livello del mare denominato di Tiberiade o di Genesaret, dai toponimi di due centri della costa. Su quel litorale – come narra Matteo (4,18-20) – passa Gesù di Nazaret. A differenza dei rabbì di allora, che erano scelti dagli uditori destinati poi a diventare loro discepoli, Gesù irrompe nella vita di quei pescatori e li convoca con un ordine:«Seguitemi, vi farò pescatori di uomini. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono».

All’imperativo lapidario di Cristo segue, pronta, l’esecuzione da parte dei chiamati. Da quel momento, dietro le orme di Gesù che si stampano sulla polvere delle strade assolate di Palestina, ci saranno sempre i passi di Pietro, il “primo” degli apostoli, come appare nelle liste dei Dodici che, nel loro numero simbolico, rappresentano idealmente il popolo di Dio radunato attorno al Messia. Una sequela che conosce anche tappe quotidiane, come quando Pietro ospiterà il Maestro nella sua casa di Cafarnao, ove è presente la suocera ammalata e poi guarita da Gesù (Marco 1,26-31).

Tante altre sono le giornate trascorse da Simone sulla scia di Cristo, persino in momenti terribili come nella tempesta sul lago o nella sua crisi, dopo il grande evento del cambio di nome in Pietro e della chiamata a essere «pietra » fondante della Chiesa. Infatti a quella tappa decisiva, che avremo occasione di commemorare in futuro futuro, subentra una sorprendente “sconfessione” da parte di Gesù di fronte al rigetto dell’apostolo di seguirlo anche lungo la via della croce. Egli diventa «satana», cioè “avversario” del progetto divino che ha al centro il Figlio umiliato sul Golgota per essere solidale con l’intera umanità.

L’invito di Cristo, in quel vade retro equivocato da molti lettori, non è ad allontanarsi da lui, bensì a camminare sempre «dietro» a lui, sui suoi passi. Ed è ciò che Pietro farà, sia pure con fatica come attesta anche il tradimento nella notte del processo di Gesù: «Cominciò a imprecare e a giurare: Io non conosco quell’uomo! » (Matteo 26,74). C’è, però, un esito finale sullo stesso lago del primo incontro. Esso si compie col Risorto, secondo il racconto di Giovanni nel cap. 21 che conclude il suo Vangelo.

È l’ultimo squarcio che apriamo tra i tanti altri possibili nella biografia evangelica di Pietro. La triplice professione di amore/ amicizia (due sono i verbi greci usati, agapán e philéin), che l’apostolo è invitato a proclamare nei confronti di Gesù, cancella il tradimento e conferma il suo mandato di pascere gli agnelli/ pecorelle (anche qui sono due i termini greci) del gregge di Cristo. In esso siamo ora tutti noi mentre ribadiamo la nostra professione di fede durante questo Anno Santo.