La scorsa settimana abbiamo introdotto la storia di un giudice iniquo e di una vedova coraggiosa, vicenda al centro di una parabola di Gesù (Luca 18,1-8). Vogliamo restare in questo stesso ambito ove si presentano attori analoghi, in questo caso una moglie fedele e due magistrati corrotti in combutta tra loro per sedurla. Il nostro scopo è, come sempre, mostrare l’incontro tra famiglia e giustizia, nella consapevolezza che quest’ultima è il primo gradino della vera misericordia celebrata anche nella Bibbia attraverso il Giubileo. La storia è narrata in una pagina di straordinaria vivacità letteraria, che vede come protagonista e vittima una splendida donna ebrea, Susanna (è il nome di un fiore, tra l’altro caro al Cantico dei Cantici, da alcuni identificato con il giglio rosso, da altri con l’anemone o persino con il loto). Il racconto, che si trova nel capitolo 13 del libro di Daniele e ci è giunto solo nella versione greca, è un vero gioiello narrativo. La donna era felicemente sposata a un ricco ebreo di nome Ioakim, il quale abitava in un palazzo circondato da un parco ove ospitava spesso incontri e pranzi con i suoi concittadini.
Tra questi invitati due anziani magistrati (i giudici erano allora eletti per un mandato a tempo) si erano appassionatamente invaghiti di Susanna, senza però confessare l’un l’altro questa cieca attrazione, fino al giorno in cui si scoprirono insieme nel parco a spiare la donna nuda, mentre faceva il bagno nella piscina. La tentazione li aveva travolti ed erano piombati sulla donna minacciandola di ricattarla: se essa non avesse ceduto alle loro voglie, essi avrebbero testimoniato che un giovane era con lei ed era stata da loro sorpresa in flagranza di adulterio. Pur di non tradire in nessun modo suo marito, Susanna si mise a urlare facendo accorrere i servi ma, così, cadendo nella trappola ordita dai due perversi magistrati. Ormai per lei non poteva che aprirsi la via di un processo e la certezza della lapidazione, considerata la qualità malvagia dei due suoi giudici.
È a questo punto che si ha un colpo di scena con l’ingresso nel tribunale di un giovane, Daniele, il cui nome è già un programma, perché in ebraico significa “Dio giudica”. È, quindi, l’incarnazione della giustizia ma anche della misericordia amorosa di Dio nei confronti dei giusti, vittime di soprusi. Lasciamo ai nostri lettori di scoprire, leggendo il racconto biblico, l’escamotage con cui egli riesce a sbugiardare i due giudici accusatori e a riconsegnare la bella e casta Susanna alla sua famiglia nella pienezza della sua dignità. La tentazione che acceca è un tema costante in tutte le culture, come la prevaricazione nei confronti della donna, spesso vittima non solo fisica attraverso lo stupro ma anche nel giudizio ipocrita dei benpensanti.
È in questa luce che la tradizione cristiana, che ha tanto amato la figura di Susanna anche nella storia dell’arte, ha trasformato la sua vicenda in un simbolo dello stesso Cristo accusato e condannato ingiustamente.
Tra questi invitati due anziani magistrati (i giudici erano allora eletti per un mandato a tempo) si erano appassionatamente invaghiti di Susanna, senza però confessare l’un l’altro questa cieca attrazione, fino al giorno in cui si scoprirono insieme nel parco a spiare la donna nuda, mentre faceva il bagno nella piscina. La tentazione li aveva travolti ed erano piombati sulla donna minacciandola di ricattarla: se essa non avesse ceduto alle loro voglie, essi avrebbero testimoniato che un giovane era con lei ed era stata da loro sorpresa in flagranza di adulterio. Pur di non tradire in nessun modo suo marito, Susanna si mise a urlare facendo accorrere i servi ma, così, cadendo nella trappola ordita dai due perversi magistrati. Ormai per lei non poteva che aprirsi la via di un processo e la certezza della lapidazione, considerata la qualità malvagia dei due suoi giudici.
È a questo punto che si ha un colpo di scena con l’ingresso nel tribunale di un giovane, Daniele, il cui nome è già un programma, perché in ebraico significa “Dio giudica”. È, quindi, l’incarnazione della giustizia ma anche della misericordia amorosa di Dio nei confronti dei giusti, vittime di soprusi. Lasciamo ai nostri lettori di scoprire, leggendo il racconto biblico, l’escamotage con cui egli riesce a sbugiardare i due giudici accusatori e a riconsegnare la bella e casta Susanna alla sua famiglia nella pienezza della sua dignità. La tentazione che acceca è un tema costante in tutte le culture, come la prevaricazione nei confronti della donna, spesso vittima non solo fisica attraverso lo stupro ma anche nel giudizio ipocrita dei benpensanti.
È in questa luce che la tradizione cristiana, che ha tanto amato la figura di Susanna anche nella storia dell’arte, ha trasformato la sua vicenda in un simbolo dello stesso Cristo accusato e condannato ingiustamente.


