Il brano evangelico della Domenica dopo l’Ascensione è tratto dal capitolo 17 del Vangelo di Giovanni che ha la caratteristica di essere una lunga preghiera rivolta da Gesù al Padre nel contesto dell’ultima Cena.

I versetti selezionati per la celebrazione domenicale ne sono il fi nale. Se la dimensione missionaria di tutta l’invocazione è già ben visibile nei passaggi precedenti, ora essa diventa ancora più netta. Sono infatti chiamati in causa tutti quelli per i quali la missione dei discepoli sarà effi cace, quelli che «per la loro parola credono» in Gesù.

L’orizzonte si allarga: non ci sono più riferimenti che restringono l’azione di Gesù a quella svolta per e con i suoi discepoli storici. L’azione defi nitiva da Lui compiuta in modo effi cace e duraturo è il dono fatto a tutti i credenti della «gloria» ricevuta dal Padre.

In questa prospettiva si comprende come la richiesta che Gesù fa sia fondamentalmente una sola: la perfetta unità attesa non più solo per i discepoli storici ma per tutti i credenti. Se nelle prime battute della sua invocazione la richiesta era che i discepoli potessero essere una cosa sola, ora la domanda diventa universale. Anche il «così come noi», che già nel versetto 11 specifi cava la qualità dell’unità chiesta da Gesù al Padre, si defi nisce ancora meglio: «Come tu, Padre, sei in me e io in te», «Come noi siamo uno, io in loro e tu in me».

L’unione o l’essere uno del Padre e del Figlio, fatto di intimità e conoscenza reciproca, di dono off erto e ricevuto, di comunione di intenti e di volontà, di dignità attribuita e riconosciuta, è la condizione di possibilità e la forma stessa dell’unità invocata per tutti i credenti e prospettata loro non come un possesso statico ma come un processo dinamico.

L’unità chiesta al Padre non è anzitutto opera umana, si tratta, al contrario, dell’unità del Padre e del Figlio e solo partecipando ad essa tramite il Figlio i discepoli potranno averla in dono. Ricevere il dono consisterà nell’impegno a costruire esperienze di comunione che siano lo specchio del legame tra Padre e Figlio, sotto l’azione dello Spirito.

Il mondo, invece, è il destinatario finale e l’obiettivo ultimo della missione del Figlio e dei discepoli e, dunque, della preghiera stessa. Gesù vuole l’unità perfetta dei credenti non solo perché questa è per essi la loro vita, ma anche perché il mondo creda.

Il mondo, da soggetto di odio si trasforma nel desiderio di Gesù in soggetto di fede e di esperienza positiva della rivelazione. Si tratta di sperimentare l’amore, appunto: un amore di Dio in cui, davanti al Padre, il Figlio e i credenti sono amati dello stesso amore e vivifi cati dalla stessa gloria.

Nell’invocazione finale la preghiera di Gesù si trasforma in una sorta di confessione di lode in cui il Figlio, pienamente immerso nell’amore del Padre, può volere con tutte le sue forze il compimento dei suoi desideri, anch’essi immagine del medesimo amore. E il suo desiderio è il successo della storia di sequela dei suoi, che giungano così alla perfetta comunione con Lui e il Padre.