Le parabole, che la liturgia della VII Domenica dopo il Martirio del Precursore ci fa ascoltare, sono tratte dal cosiddetto “discorso in parabole” che nel Vangelo di Matteo occupa tutto il tredicesimo capitolo. A questo punto del suo scritto, l’evangelista ha già mostrato come la predicazione del Vangelo stia incontrando resistenze in Israele. In reazione a ciò, Gesù compie un gesto profetico che rende esplicita la situazione di incomunicabilità tra sé e il popolo: si mette a parlare del “regno dei cieli” in parabole, cioè in un linguaggio difficile da comprendere, simbolico, ambiguo e allusivo, che non consente interpretazioni univoche.
Lo scopo del discorso non è vincere la durezza del popolo bensì denunciarla, ribadendo allo stesso tempo la necessità del coinvolgimento della libertà personale per comprendere il Vangelo del Regno.
Le parabole del tesoro, della perla, della rete e dello scriba si collocano in questo contesto. Vediamole. Nella prima, il Regno viene paragonato non tanto al tesoro quanto a tutta la dinamica narrata (trovare, vendere, acquistare), con un forte accento sull’attività di colui che è protagonista del racconto.
Anche nella parabola della perla, la costruzione grammaticale mette in correlazione stretta Regno e mercante, ponendo in evidenza ancora l’agire della persona coinvolta. I due brevi racconti diventano molto interessanti se, lasciando perdere i dettagli, ci si concentra dunque sul comportamento dei due protagonisti, dal carattere sconsiderato, estremamente rischioso, impulsivo e privo di buon senso.
Potremmo dire così: il Regno “avviene come” un uomo che cerca, trova, dà via tutto quel che ha e acquista. Si tratta dunque di un principio che chiama direttamente in causa la libertà delle persone. Anzi, si potrebbe dire che proprio dentro il processo con cui qualcuno sceglie radicalmente il Vangelo è all’opera il Regno. Non è qualcosa che si raggiunge al termine del cammino di ricerca-ritrovamento-vendita-acquisto, bensì il cammino stesso è il Regno operante. Inoltre, esso chiede una totalità di consegna che non sia solo di principio ma assolutamente concreta, pratica e materiale.
Il richiamo alla decisività della libertà personale rispetto a quanto descritto è fortemente sottolineato anche dalla terza parabola che descrive un lavoro di cernita e separazione. Il racconto della rete e dei pesci allude chiaramente al tema del giudizio. L’accento è infatti posto sulla selezione più che sulla raccolta, sulla separazione tra buoni e cattivi. La funzione di ammonimento della parabola è palese: l’annuncio del Regno crea le condizioni di un giudizio legato alla sua accoglienza e, allo stesso tempo, dichiara come la scelta di una vita giusta sia il criterio discriminante per entrarvi. La giustizia, che biblicamente consiste nella costante ricerca e attuazione della volontà di bene di Dio, è ciò che si deve perseguire, attingendo – come farebbe un saggio scriba – ai tesori che svelano il cuore di Dio, quali sono le Scritture antiche e il vino nuovo del Vangelo che Gesù ha consegnato.


