Nella domenica precedente il Martirio del Precursore, ci viene proposta la seconda parte di un discorso che Gesù, nel Vangelo di Matteo, rivolge ai discepoli mentre li invia in missione. Dopo aver dato indicazioni circa ciò che dovranno fare e come dovranno comportarsi, il Maestro anticipa ai suoi che nell’opera di annuncio incontreranno persecuzioni e tribolazioni, rassicurandoli però riguardo alla vicinanza dello Spirito in quelle circostanze. Proprio a questo tema si allacciano i versetti oggetto del nostro commento.

È bene chiarire subito che lo scopo delle raccomandazioni di Gesù non è una astratta speculazione su Dio, l’uomo, l’anima, l’aldilà e via dicendo, bensì l’incoraggiamento e la consolazione di coloro che nell’annunciare il Vangelo saranno messi a dura prova, scontrandosi con le ostilità altrui e andando a volte perfino incontro alla morte. A costoro Gesù sta dicendo che la loro vita è nelle mani del Padre e che non vi è nulla al mondo che sia più prezioso ai suoi occhi dell’esistenza dei suoi figli e delle sue figlie.

Le espressioni e le immagini sono forti ma vanno contestualizzate e comprese. I discepoli non devono temere coloro che uccidono il corpo perché costoro non hanno potere alcuno sull’anima. Questa è saldamente nelle mani di Dio, definito qui come «colui che ha potere di far perire anima e corpo» per esaltarne la sovranità assoluta, non certo per affermare che sua volontà è distruggere. Gesù, infatti, si premura subito di chiarire: il Padre ha cura anche di ciò che per voi ha pochissimo valore – i passeri – a maggior ragione lo avrà di voi. Il passaggio che richiama il rinnegamento e il giudizio va letto nella medesima prospettiva di sprone e incoraggiamento: il Maestro sarà con loro nell’impegno a «riconoscerlo davanti agli uomini» – cioè a vivere i suoi insegnamenti – accompagnandoli fino davanti al Padre. In sintesi, potremmo dire che per Matteo la sequela di Gesù e l’annuncio del Vangelo sono un luogo privilegiato per fare esperienza della provvidenza paterna di Dio che sempre accompagna fedelmente.

Certo quel che attende i discepoli potrà essere molto duro. D’altronde – li mette in guardia il Maestro – la sua parola causerà anche divisioni perché non tutti la accoglieranno e, per questo, si vedranno andare in crisi anche i rapporti più stretti. Dunque per seguirlo occorre una libertà d’animo e una disponibilità interiore altissime, qui descritte in termini iperbolici nell’immagine di un amore per Gesù che superi quello per i familiari. Ovviamente, non si tratta di una condanna dei legami con i parenti stretti, ma un invito al ripensamento degli stessi nella logica del Vangelo che i discepoli vogliono accogliere e vivere.

In gioco c’è la «vera vita», cioè la possibilità di entrare dentro l’esistenza in tutta la sua ampiezza, profondità, bellezza e ricchezza, ciò per cui il Vangelo è stato donato. Una possibilità, questa, offerta anche al più povero e piccolo, anche a chi avesse un solo un bicchier d’acqua da offrire come espressione della sua partecipazione alla chiamata al Vangelo.