Vedere il Re, conoscere la Verità

 

Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei [...]». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re».

Giovanni 18,36-37

 

Ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un Figlio d’Uomo. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli lo servivano. Il suo potere è eterno, non finirà mai, e il suo Regno non sarà mai distrutto» (I Lettura, Daniele 7,13-14): questa grande profezia oggi, solennità di Cristo Re, avvia la liturgia e trova eco nelle altre letture del giorno. Già domenica scorsa l’ultima pericope del Vangelo di Marco ci aveva consegnato le parole di Gesù: «Vedranno il Figlio dell’uomo venire tra le nubi, con grande potenza e splendore» (Marco 13,26). Tutta la storia corre verso la gloria, tutti andiamo incontro al Signore, custodendo nel profondo, quale che ne sia la nostra consapevolezza, il desiderio di “vederlo” e «rimanere in Lui».

È la promessa della Vita che non muore, la grande benedizione consegnata all’uomo al momento della creazione e mai revocata, nonostante le molteplici infedeltà: nel giorno della vittoria finale il dolore, il male, la morte e il peccato, già sconfitti nella Risurrezione del Figlio, saranno estirpati per sempre! Eterno è il Regno del nostro Salvatore, perché «la santità si addice alla sua casa, stabile è il suo trono» (Salmo 92, Responsorio): «Gesù Cristo è il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. Gloria e potenza nei secoli a Lui, che ci ama, ci ha liberati con il suo sangue, ha fatto di noi un Regno. Viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero. È Alfa e Omega, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente» (II Lettura, Apocalisse 1).

In Lui tutti abbiamo vita e possiamo vedere Dio; la promessa fatta ad Abramo di avere vita in abbondanza e “vedere” con i suoi occhi, nel figlio, la salvezza, si realizza in Gesù: in Lui Dio si vede e tutti possiamo incontrarlo! La sfida di ogni tempo è riconoscerlo negli ultimi, nei fratelli che sono nel dolore, in ogni uomo sebbene sfigurato dalla malattia, dalla fame, dalla sofferenza, dalle persecuzioni e dalla malvagità degli altri uomini: il Re di tutta la terra si è fatto ultimo tra gli ultimi, neonato poverissimo in una stalla, migrante figlio di migranti in Egitto, povero e pellegrino, privo di un luogo «dove posare il capo» (Luca 9,58), sulle strade polverose della terra, prigioniero inerme, maltrattato e deriso, nei tribunali del mondo. «Sei tu il re?», chiede Pilato a Gesù. E il Signore risponde che il suo Regno non è di quaggiù. Sì, Egli, il Cristus patiens, è Re, nato e venuto nel mondo per rendere testimonianza (marturìa) alla Verità. Chi è con la Verità ascolta in ogni tempo la sua voce (cfr. Vangelo, Giovanni 18). Il lascito che chiude questo anno B è l’invito ad ascoltare la Parola potente di Colui che è, Egli stesso, compiutamente, la Verità. Fino alla croce e alla gloria! Si chiude qui, dopo un triennio lungo e fecondo, il mio percorso di commento dei Vangeli festivi per questa grande Famiglia, ed è bello che si chiuda nel segno della Verità di Cristo Signore, nostro Re, nostra Pace e nostra Giustizia. Rendo grazie a Dio per la bellezza di questo tempo e, a ciascuno, per la benevolenza e per l’affetto che ho ricevuto in questi anni. Alle porte dell’Avvento, tempo di “speranza”, di attesa trepidante, continuiamo a camminare tutti, festosi, insieme, peregrinantes in spem verso il Giubileo. Arrivederci, amici di Famiglia!