Sostenuti dal Pane vivo per risorgere
Il LIbro dei Re, mentre narrano le vicende della monarchia di Israele e di Giuda dalla morte e successione di Davide, assegnata a Salomone e ai suoi discendenti, attraverso lo scisma di Geroboamo fino alla deportazione in Babilonia, manifestano nelle vicende del Popolo la presenza di Dio, evidente attraverso l’azione dei profeti: per questo i libri che seguono il Pentateuco (o Legge), nella tradizione israelitica non sono concepiti tanto quali libri di storia, come sono intesi invece nella sensibilità greca e occidentale, quanto come libri di Profeti (i cosiddetti “Profeti anteriori”, o “non scrittori”, Giosuè-2Re). In essi numerosi personaggi, eletti da Dio per guidare il suo popolo, capaci di interpretare, comunicare e realizzare la sua volontà, contribuiscono a strutturare la regalità israelitica e, nella fase monarchica, accompagnano i sovrani, subendone talvolta le angherie quando questi sono cattivi: è l’esperienza di Elia, perseguitato dalla malvagia Gezabele, la regina idolatra moglie del re Acab, per avere difeso la Fede nel Dio di Abramo. Nella fuga per aver salva la vita Elia vive lo scoraggiamento e prega addirittura di morire: quante volte accade anche a noi di sentirci sopraffatti dalle vicende dell’esistenza e dall’ostilità di chi ha un qualche potere su di noi (datori di lavoro, colleghi, talvolta anche familiari)! «Un angelo» allora, ipostasi di Dio stesso, «si accampa intorno a noi, che temiamo il Signore, e ci libera» (Salmo 33, Responsorio), «ci tocca» e ci invita: «Alzati e mangia!» (I lettura, 1Re 19,4-8). Qui l’“alzarsi”, connesso al “nutrirsi”, evocato in queste domeniche “del Pane”, è, in ebraico e in greco, propriamente “risorgere” (qum/anistemi), lo stesso verbo usato nei Vangeli per definire la Pasqua di Gesù e le risurrezioni da Lui operate nel corso della sua vita terrena; il Maestro usa questo verbo, nel Vangelo di oggi, per promettere la sua stessa Pasqua di Risurrezione a chiunque «viene a Lui»: se ci sembra che le energie si spengano, Cristo è Pane vivo, Vino che dà gioia, Acqua che disseta (cfr. Giovanni 4,10- 15), Vita che non muore, Risurrezione, eternità, vittoria! Se «il cammino è troppo lungo per noi», Egli è compagno e forza: senza Lui non c’è salvezza! Solo sperimentare questa verità, concretamente e non a parole, cambia la storia di ogni persona: c’è una fede formale, fatta di precetti e di doveri, ma sterile; e c’è una fede feconda, capace di spostare le montagne, lodata dal Maestro nelle persone apparentemente più lontane dalla tradizione di Israele; essa rende capaci di «rimanere in Lui», di restare con perseveranza ai piedi della croce, sulla croce con Gesù. Noi partecipiamo della sua Passione (cfr. Colossesi 1,24) e della sua gloriosa Risurrezione non in forza dei nostri meriti, ma perché «il Padre ci attira»; è la fede potente in Lui, che supera le mormorazioni e le apparenze («non è forse il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dire: sono disceso dal cielo?»), a offrirci lo sguardo che sa “vedere” la verità nei segni, il Figlio Dio nel Pane: lì il male è vinto una volta per tutte, in eterno, lì è data per sempre, nell’Amore che non ha eguali, «in sacrificio di soave odore» (II lettura, Ef 4,30-5,2) «la carne» del Signore «per la vita del mondo» (Vangelo, Giovanni 6,51)



