Cuori attenti, veglianti nell’amore
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese […] Luca 12,35
Dopo aver parlato della preghiera e del rapporto con i beni materiali, il Maestro insegna ai suoi discepoli a vivere con prudenza e vigilanza, nell’attesa del Signore che viene. Non si tratta solo di un’attesa finale, ma di un atteggiamento costante, che abbraccia tutta la vita. Il destinatario di questa parola è il “piccolo gregge”: un gruppo amato da Dio, scelto e destinato al Regno. Ma è un gregge piccolo. E proprio questa piccolezza può generare incertezza, timore, persino scoraggiamento. Eppure, in tutta la storia della salvezza, Dio si è servito del “resto d’Israele”: di quel piccolo nucleo di credenti autentici attraverso cui il Regno si rende presente, a beneficio di tutti. La forza non sta nei numeri, ma nella fedeltà.
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno». Sono parole straordinarie. Il Regno non è un traguardo da conquistare, ma un dono già ricevuto. È stato il desiderio del Padre: gli è piaciuto donarcelo. C’è gioia, c’è tenerezza in questo verbo. Siamo beati perché ci è stato dato tutto: siamo già eredi della vita. Proprio per questo, il “piccolo gregge” è chiamato a una nuova libertà: «Vendete ciò che avete e datelo in elemosina ». Il Vangelo non chiede il vuoto, ma la condivisione. Non è un invito alla miseria, ma alla fiducia, come conferma il Salmo responsoriale (Salmo 32). Potremmo parafrasare così: «Imparate a donare, vincendo la logica del possesso. Scoprirete che il vero tesoro non è nelle cose, ma nella certezza che il Signore verrà e vi colmerà con la sua tenerezza».
Poi il linguaggio si fa più simbolico ma chiaro: «Siate pronti, con le veste strette ai fianchi e le lampade accese». È l’immagine del pellegrino in cammino, del servo vigile. Le troppe cose – materiali, ma anche preoccupazioni e sicurezze apparenti – ingombrano il cuore e ci rendono sedentari spiritualmente. La fede non ci dà tutte le risposte, ma ci sostiene con una speranza viva: quella di una vita che si trasforma, qui e ora, e non solo nell’aldilà.
Gesù non parla soltanto dell’ora della morte, ma dell’intera esistenza. Il Signore viene continuamente, nei giorni comuni, nelle persone che ci circondano, nelle situazioni impreviste. Bussa – spesso senza preavviso – come ama fare lui, sorprendendoci. Per questo chiede cuori attenti, svegli, pronti. Aprire la porta, riconoscerlo, accoglierlo: è tutto qui il segreto della vita cristiana. E se è vero che bussa come un mendicante, nella persona di ogni fratello, allora la sua presenza è sempre imprevedibile. Non possiamo stabilire noi i tempi e i modi dell’incontro: è lui a sorprenderci, a visitarci, a farci scoprire il Regno in mezzo a noi.
Come essere pronti sempre? C’è una sola via: non abbandonare mai la tenuta di servizio. Non siamo chiamati a gesti eroici o straordinari, ma a vivere con amore le responsabilità quotidiane. Il Regno cresce nel silenzio, nella fedeltà, nella cura umile delle relazioni. Veglia chi ospita, chi incoraggia, chi perdona. Veglia chi vive la carità senza calcoli, chi semina il bene con naturalezza, senza nemmeno chiedersi il perché. Sono questi i veri servitori che, quando il Signore verrà, troverà svegli. E li farà sedere a tavola, e passerà lui a servirli.


