Astuti nel costruire il Regno di Dio già oggi

Il padrone lodò quell’amministratore disonesto,

perché aveva agito con scaltrezza

Luc 16,8

 

 

La parabola dell’amministratore disonesto, fin dalle origini della tradizione evangelica, è stata spesso considerata difficile e controversa, e non pochi vi hanno visto un’apparente approvazione del furto da parte di Gesù. In realtà, non è così: Gesù evidenzia l’astuzia del truffatore, non la disonestà. L’amministratore viene elogiato dal padrone per la sua capacità di preoccuparsi del proprio futuro, agendo con prontezza mentre è ancora in tempo.

Il cuore della parabola è nella constatazione che «i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce». Per questo motivo, sarebbe più appropriato intitolarla “Il fattore astuto” piuttosto che “Il fattore infedele”. Appena si accorge che il suo futuro è in pericolo, il fattore dimostra lucidità e ingegno, trasformando a proprio vantaggio una situazione difficile. Allo stesso modo, il cristiano dovrebbe essere pronto, deciso e astuto nel costruire già nel presente il regno di Dio. La prudenza del fattore racchiude diverse qualità: la lucidità nel riconoscere la gravità della situazione, la prontezza nel trovare una soluzione prima che le opportano tunità svaniscano e il coraggio di assumersi responsabilità e prendere decisioni. In questo senso, l’insegnamento di Seneca nelle Lettere a Lucilio risuona in parallelo: «Dove è finita la tua prudenza? Dove il tuo acuto discernimento? E la tua grandezza d’animo? Una simile inezia ti turba?» (107).

Fin qui, l’insegnamento della parabola è generale: sottolinea il valore della risolutezza senza indicare quando applicarla, lasciando spazio a interpretazioni. Luca, però, non lascia il messaggio nel vago: lo collega a un esempio concreto, quello dell’uso della ricchezza, e introduce tre detti del Signore accomunati dal tema del denaro.

Il primo detto riprende la parabola: «Fatevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare vi accolgano nelle dimore eterne». Significa usare i soldi per aiutare i poveri, che diventano amici nostri e di Dio. Il messaggio è chiaro: per essere astuti come il fattore, bisogna usare le proprie risorse per fare del bene, soprattutto tramite l’elemosina, molto importante per Luca.

Il secondo detto parla della fedeltà nella gestione dei beni. Qui il fattore non va preso come esempio: la sua disonestà non deve essere imitata. L’avvertimento riguarda chi ha il compito di amministrare i beni della comunità. Il terzo detto ricorda che non si può servire Dio e il denaro insieme. Il denaro tende sempre a comandare e spesso ci riesce.

La parabola chiama “disonesto” il fattore, ma subito dopo attribuisce la stessa caratteristica alla ricchezza. Perché? Perché spesso nasce da ingiustizie o può facilmente diventare strumento di ingiustizia. Inoltre, la ricchezza può rendere ciechi, come mostra la parabola del povero e del ricco. La ricchezza è spesso ingannevole: promette molto ma delude, conquista la fiducia dell’uomo per poi tradirla. Il termine “mammona” rende bene questa idea: indica un accumulo eccessivo, mai soddisfatto, che diventa padrone e riempie tutta la vita.