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di Francesco Occhetta S.I. Docente Pontificia Università Gregoriana, Segretario generale Fondazione Fratelli tutti
L'albero della vita eterna è piantato nel cuore dell'uomo mite, per William Blake. Anzi, come scrive Bonhoeffer due secoli dopo, «i miti sono coloro che con ogni parola e ogni gesto mostrano di non appartenere a questo mondo». Rinunciano al fare di sé stessi il centro dell'esistenza, i miti non ambiscono a vivere per possedere i beni terreni ma sono attratti da una ricompensa più grande che sentono nel cuore.
Per comunicare con mitezza occorre essere forti e adulti, il contrario di ciò che i prepotenti pensano dei miti quando li considerano persone deboli e pieni di paure.
Lo scriveva ai comunicatori François Fénelon: «La mitezza nel parlare, la grazia nel rispondere, la prontezza nello scrivere».
Anche il Papa, nel messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali del 2023, ha ricordato che «il cuore mite è il miglior antidoto contro la violenza verbale», perché aiuta a costruire ponti invece di innalzare muri.
Lo conferma l'etimologia della parola "mitezza", che dal latino mitis, significa "dolce, mansueto, tenero", esprime un punto di equilibrio tra opposti. Nel Vangelo, Gesù stesso si definisce «mite e umile di cuore» (Mt 11,29) mentre nella terza Beatitudine di Matteo esclama: «Beati i miti perché avranno in eredità la terra» (Mt 5,5). È la terra promessa in cui il comunicatore tende e per il Papa, «non c'è terra più bella del cuore altrui, non c'è territorio più bello da guadagnare della pace ritrovata con un fratello. Questa è la terra da ereditare con la mitezza!».
Ma davvero la mitezza può trasformare la comunicazione quando al giuramento di Trump nei posti d'onore in prima fila sedevano il proprietario di Tesla e SpaceX Elon Musk, il CEO di Meta Mark Zuckerberg, il CEO di Alphabet Inc Sundar Pichai e il fondatore di Amazon Jeff Bezos? La loro presenza sembra rappresentare la negazione della mitezza nella comunicazione del nuovo potere tecno-plutocratico.
Ma non tutto è perduto. La sfida rimane culturale ed educativa, cresce dal basso, non si impone dall'alto, era già presente nella filosofia dell'Ottocento e del Novecento, in cui si sono "scontrati" i valori del "Superuomo" creato dalla comunicazione con quelli dell'uomo mite e nascosto. Con Nietzsche è bravo solo chi sa comunicare il senso della sua "potenza" e che i media dipingono come modello; sono fuori gioco i miti e i deboli. Lévinas invece sostiene che solamente il comunicatore mite permette la cura per l'altro e si oppone alla disinformazione, alla calunnia e alla diffamazione generate anche dall'Intelligenza artificiale.
Certo occorre vigilare, nella storia il comunicatore mite davanti alla verità è schiacciato tra due poteri, quello dogmatico del sinedrio che condanna e quello scettico di Ponzio Pilato che ignora la verità e si affida alla volontà popolare manipolata per decidere se si debba crocifiggere Gesù o Pilato. Solo chi non chiede nulla per sé e dice "sia fatta la tua volontà" è destinato a superare le difficoltà della storia per ereditare la terra.
- Articolo tratto da PAGINE APERTE, speciale Settimana della Comunicazione
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