I dati che emergono nell’articolo di Famiglia Cristiana confermano purtroppo i nostri dubbi, quelli che avevamo denunciato appena un mese e mezzo fa attraverso la campagna “Ero straniero”, sugli enormi ritardi nella finalizzazione delle domande di regolarizzazione. E già allora abbiamo chiesto un intervento immediato da parte del Ministero dell’Interno affinché non si rischiasse di ritrovarci al punto di partenza rispetto ad una normativa, già di per sé incompleta, che favoriva l’emersione degli irregolari. Oggi la pandemia ha acuito tutti i problemi già presenti, ha ampliato le diseguaglianze, ha reso più evidenti le fragilità, per questo lavorare in nero è come lavorare in un cono d’ombra: non esisti, non hai diritti. Con la pandemia si è aggravata anche la questione della sicurezza visto che, nel caso delle colf e delle badanti, parliamo di sicurezza del lavoratore ma anche di sicurezza del datore di lavoro, cioè della famiglia che assume.

Gli 800 interinali che il Ministero dell’Interno ha selezionato per accelerare il vaglio delle pratiche sono già un passo avanti perché i dati del report erano davvero impietosi: a Caserta a metà febbraio erano state fatte 10 convocazioni in Prefettura sulle oltre 6000 domande ricevute, a Roma, su 16 mila e 700 domande ne erano state valutate 900 ma ancora nessuna era andata a buon fine con la stipula di un contratto di lavoro e la stima del report parlava di 5 anni per poter vagliare le domande nella capitale. Abbiamo ricevuto tante richieste in merito, tante persone che si erano rivolte ai nostri patronati e che non hanno ricevuto ancora una chiamata, che vivono nell’incertezza e anche nella paura che possa essere cambiato qualcosa.

Dobbiamo accelerare sulle convocazioni nelle Prefetture, è chiaro che a causa del covid ci sono delle limitazioni sulle presenze in ufficio, ma intanto si possono inviare telematicamente le richieste degli ulteriori passaggi previsti dalla legge, sarebbe un modo per far capire a chi aspetta la regolarizzazione che lo Stato non si è dimenticato di nessuno.

Emiliano Manfredonia,

presidente nazionale delle Acli