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Ha avuto tutto inizio con le terrificanti dichiarazioni del pentito Schiavone in merito al traffico dei rifiuti tossici che ha interessato non soltanto la Campania ma anche il Salento. In particolare, le rivelazioni dell'ex boss Galati avevano segnalato una vasta zona trasformata in un cimitero dei rifiuti nei dintorni di Casarano, con interessamento di tutto il Sud del Salento fino a Ugento e oltre. Le indicazioni, com'è ovvio e doveroso, sono state successivamente verificate dal Noe, Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, anche grazie all'ausilio di mezzi aerei e altre sofisticate apparecchiature. I cittadini pugliesi, a quel punto, hanno iniziato a far sentire la loro voce: preoccupati e arrabbiati, ma allo stesso tempo pronti a impegnarsi in prima fila perché venga fatta chiarezza. In gioco ci sono le loro vite, quelle dei loro figli e dei loro nipoti: il futuro di un'intera terra rischia di rimanere intrappolato sotto una montagna nascosta di rifiuti tossici.
Una protesta che ha riunito anime anche profondamente diverse del territorio ma che ha avuto il dono di accendere la voglia di combattere soprattutto della gente: non i soliti "ambientalisti fanatici", dunque, come troppo spesso vengono etichettati coloro che si preoccupano di temi delicati, di quelli che non si vedono ma sono presentissimi, ma persone comuni. Mamme, papà, nonni, bambini, tutti uniti in un vero comitato che si è esteso a tutta la provincia sotto il nome di "Liberi dai veleni e dai rifiuti tossici".
«Dobbiamo uscire fuori dalla logica minimalista di chi si pone nei confronti di questioni così gravi come l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e dell'aria in maniera quasi negazionista - ha commentato il presidente del CSV Salento Luigi Russo - I danni ci sono, sono stati registrati, toccano le famiglie: i salentini, cioè, contraggono tumori con tassi superiori a quelli delle altre province pugliesi, e questo non succede per fatalità, ma per l'inquinamento 'invisibile'. E allora occorre agire sul piano giudiziario, ma anche sul piano politico e culturale. I volontari non hanno interesse ad aumentare il numero dei condannati per inquinamento - a questo ci deve pensare la magistratura e le forze dell'ordine - ma a porre rimedio ai guai, e soprattutto a sviluppare finalmente una cultura rispettosa dell'ambiente senza cedimenti alla logica del business a tutti i costi, perché questo significa costruire il futuro».
Il primo passo? Una petizione on line per chiedere al Procuratore Motta di aprire un'indagine.
Una protesta che ha riunito anime anche profondamente diverse del territorio ma che ha avuto il dono di accendere la voglia di combattere soprattutto della gente: non i soliti "ambientalisti fanatici", dunque, come troppo spesso vengono etichettati coloro che si preoccupano di temi delicati, di quelli che non si vedono ma sono presentissimi, ma persone comuni. Mamme, papà, nonni, bambini, tutti uniti in un vero comitato che si è esteso a tutta la provincia sotto il nome di "Liberi dai veleni e dai rifiuti tossici".
«Dobbiamo uscire fuori dalla logica minimalista di chi si pone nei confronti di questioni così gravi come l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e dell'aria in maniera quasi negazionista - ha commentato il presidente del CSV Salento Luigi Russo - I danni ci sono, sono stati registrati, toccano le famiglie: i salentini, cioè, contraggono tumori con tassi superiori a quelli delle altre province pugliesi, e questo non succede per fatalità, ma per l'inquinamento 'invisibile'. E allora occorre agire sul piano giudiziario, ma anche sul piano politico e culturale. I volontari non hanno interesse ad aumentare il numero dei condannati per inquinamento - a questo ci deve pensare la magistratura e le forze dell'ordine - ma a porre rimedio ai guai, e soprattutto a sviluppare finalmente una cultura rispettosa dell'ambiente senza cedimenti alla logica del business a tutti i costi, perché questo significa costruire il futuro».
Il primo passo? Una petizione on line per chiedere al Procuratore Motta di aprire un'indagine.



